Lunedì 24 aprile 2017
Giovanni stava là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo sul Signore Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro:
«Venite e vedrete»
Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
(Giovanni 1,39)
Può darsi che ci vergogneremo e quindi cercheremo scuse per non invitare persone da noi. Però il segno autentico e persuasivo che apre i discepoli di Giovanni alla gioia nell’incontrare Gesù è andare a casa Sua.
Il testo evangelico non ci narra nulla di ciò che i due giovani hanno visto e udito in quella casa, ma la loro reazione è esplosiva: diventa subito una notizia che comincia a correre e contagia e invita.
Forse dovremo temere meno di invitare se la vita tra noi è vera: chi viene da noi infatti, se trova l’amore reciproco non incontra noi, ma Gesù tra noi ed è Lui che tocca i cuori e li converte.
Buona giornata!
don Carlo
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