Monsignor Delpini, sabato 9 la presa di possesso e domenica 24 l’ingresso
Due i momenti che coinvolgeranno l’arcivescovo eletto nel Duomo di Milano
In queste settimane la Chiesa Ambrosiana sta vivendo l’attesa disponibile e accogliente verso il nuovo Arcivescovo. Monsignor Delpini. Il Signore lo ricolmi di grazia per il suo nuovo incarico. A noi viene chiesta un’attesa orante che il nuovo Arcivescovo sosterrà con un pellegrinaggio personale nelle terre ambrosiane. Con la collaborazione dei decani monsignor Delpini si organizzerà per visitare alcuni santuari e chiese in cui la devozione mariana è particolarmente viva, per invocare la protezione di Maria per la Chiesa Ambrosiana e per il suo ministero.
L’attesa troverà compimento in un primo momento sabato 9 settembre quando il nuovo Arcivescovo, per mezzo di un procuratore, prenderà possesso canonico dell’Arcidiocesi, con una celebrazione che si terrà in Duomo alle ore 9.00. Da quel momento egli sarà a tutti gli effetti nostro Arcivescovo e terminerà così il mandato di Amministratore Apostolico del cardinale Angelo Scola.
A partire da quel giorno, in ogni Celebrazione eucaristica si ricorderà il nome del vescovo Mario.
L’arcivescovo Mario Delpini ha espresso la sua decisione di confermare nello stesso giorno e fino alla conclusione del loro mandato il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale e per un anno i Vicari di Zona e di Settore.
Secondo la volontà del nuovo Arcivescovo, l’ingresso ufficiale in Diocesi si svolgerà, secondo la tradizione, il giorno 24 settembre, vigilia della Solennità di Sant’Anatalo e di tutti Santi Vescovi Milanesi, con la tappa a Sant’Eustorgio alle ore 16 e l’ingresso in Duomo alle ore 17.00.
Lo stemma “parlante” di monsignor Delpini
Nel caso dello stemma del nuovo Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, al centro dello scudo, dal fondo oro (il più nobile dei metalli, che simboleggia la virtù teologale della fede), spicca un pino. L’allusione è al cognome del vescovo, e per questo, tecnicamente, si parla di “stemma parlante”, cioè capace di “parlare”; del resto non si tratta di uno stemma coniato ex novo, ma dello stemma di famiglia che monsignor Delpini ha giustamente conservato come segno di una tradizione nella quale si sente personalmente inserito.
Il pino inoltre simboleggia le virtù spirituali della benignità, della clemenza e della perseveranza; ma anche dell’accoglienza e dell’offerta di riparo (il riparo dell’ombra): tutte qualità che nel sentire comune di sempre, ma soprattutto nei nostri tempi, la Chiesa è chiamata a innanzitutto a vivere, e poi a testimoniare e a portare nel nostro mondo attuale.
Ci sono le tre colombe: e da sempre la colomba, già nella Bibbia fin dal celebre episodio di Noè, è simbolo di pace. Sono posate sul pino, come se fossero pronte per spiccare il volo: ma per spiccare il volo devono prima fare pratica, devono essere educate, occorre che qualcuno insegni loro la tecnica giusta per volare. Nella biografia del nuovo Arcivescovo hanno un certo rilievo due esperienze pedagogiche pregresse: quella di insegnante e quella di Rettore dei Seminari. Ma è soprattutto accompagnamento nell’affrontare la vita e i suoi problemi, nell’imparare appunto a “spiccare il volo”: a fare i primi tentativi per poter poi volare in maniera autonoma. E questa dimensione educativa continua senz’altro anche nel ministero del nuovo Arcivescovo: non per nulla si parla a questo proposito di “magistero” episcopale, e quindi di insegnamento. Le tre colombe vorrebbero allora indicare il popolo ambrosiano che chiede al suo Arcivescovo che con il suo magistero gli insegni a volare, a volare sempre alto verso gli ideali del Vangelo.
Poi compare una mano destra che dal bordo sinistro dello scudo si sporge verso il centro ad afferrare il pino. È un’immagine che comunica subito un senso di fermezza e di stabilità: si tratta del “braccio forte” di Dio, quel braccio che ha compiuto meraviglie nella storia della salvezza; e soprattutto si tratta della mano di Dio, che è insieme energica e paterna, capace di afferrare e di proteggere, fonte e garanzia di ogni autentica stabilità.
Il cardinale Angelo Scola, quando venne eletto alla cattedra di Milano, per primo volle introdurre nel suo stemma il cosiddetto “capo di Milano”. Per “capo”, in araldica, si intende la parte superiore dello scudo, per esempio il simbolo di una istituzione o di una città. E il “capo di Milano” (la croce rossa su fondo argento, derivata dallo stemma della città) esprime precisamente la volontà di un riferimento esplicito, di un legame oggettivo, con la tradizione civile, culturale e religiosa della città di Milano e dell’intero territorio che su di essa gravita, come per l’appunto lo è la Diocesi Ambrosiana. E l’arcivescovo Delpini, aggiungendo al proprio stemma di famiglia, già così ricco di simboli, il “capo di Milano”, in continuità con quanto aveva già fatto il suo predecessore, ha offerto un’indicazione molto significativa dal punto di vista del rapporto che un vescovo deve avere con la civitas in cui è chiamato a esercitare il suo ministero di pastore e di maestro.
Infine c’è il motto: Plena est terra gloria eius. Sono le parole tratte dalla visione che il profeta Isaia ha nel tempio di Gerusalemme, quando Dio gli si rivela nel suo splendore ed egli ascolta il canto della liturgia celeste dove per l’appunto si proclama che tutta la terra è piena della Gloria di Dio (cfr Isaia 6,3). E sono le stesse parole che la liturgia cristiana ha ripreso e introdotto nella Messa, nel momento centrale della celebrazione, prima dell’inizio della preghiera eucaristica, con il canto del Sanctus. Il motto del nuovo Arcivescovo di Milano è dunque insieme una professione di fede e una espressione di lode e di preghiera. Ed è bello pensare che tutti i fedeli ambrosiani, ogni volta in cui parteciperanno alla celebrazione eucaristica, proclamando o cantando le parole del Sanctus, ripeteranno le parole del motto del loro Arcivescovo, in comunione con lui nella stessa professione di fede e nella stessa espressione di lode e di preghiera.
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