Venerdì 12 ottobre 2018
Il Signore Gesù disse: «State attenti a voi stessi, che
«I vostri cuori non si appesantiscano»
in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo». Durante il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi. E tutto il popolo di buon mattino andava da lui nel tempio per ascoltarlo.
(Luca 21,34)
Può capitare di sentirci stanchi e svogliati anche se abbiamo riposato, di provare un po’ di noia e insoddisfazione anche se non ci manca nulla. È il segno che il cuore si sta appesantendo, che ci stiamo chiudendo nelle nostre cose, nel nostro mondo.
Sono esperienze sconosciute quando amiamo, quando ci protendiamo nel pensiero e nelle azioni verso i fratelli: allora ci succede l’esatto contrario. Ci sentiamo pieni di slancio e di entusiasmo, anche se abbiamo dormito poco, gustiamo la pienezza della vita anche in mezzo alle difficoltà. Il cuore è leggiero quando non si ripiega su di sé, ma si apre con prontezza e freschezza verso i bisogni di chi ci sta attorno.
Buona giornata!
don Carlo
Sabato 13 ottobre 2018
Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato.
«Non dovevi anche tu
aver pietà del tuo compagno,
così come io ho avuto pietà di te?»
Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
(Matteo 18,33)
Gesù non pone alla radice del perdono il buon cuore o la generosità d’animo, ma l’esperienza della misericordia che Dio ha avuto e ha sempre per noi. Se prescindiamo da quella, ci si attarda a fare tante considerazioni sul rispetto della giustizia, sulla verità dei fatti, sul torto subito, sul dovere dell’altro di fare il primo passo, rimaniamo duri e pieni delle nostre buone ragioni. Occorre chiedere la grazia che il nostro cuore si sorprenda, si commuova, provi la dolcezza di essere perdonati sempre, completamente e senza ragione. Allora sì che si conosce Dio e se ne rimane conquistati!
Buona giornata!
don Carlo
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