Domenica prossima, 20 settembre, sarà con noi alla Messa delle 10.00 l’Arcivescovo Mario Delpini, per celebrare il bicentenario della Chiesa dei santi Protaso e Gervaso in Gorgonzola.
- Oltre ai posti in chiesa, saranno predisposte le sedie sul sagrato con amplificazione (non si celebrerà la Messa delle 11.30 in san Protaso).
- Dopo Messa polenta e gorgonzola a cura della pro loco.
- Durante tutta la mattinata annullo filatelico e apertura mostra sulla storia e l’arte della chiesa
Abbiamo vissuto, e vivremo, un cammino ricco di celebrazioni, incontri, e eventi, dal titolo:
«E pose la sua tenda in mezzo a noi» (Gv1,14).
Questo cammino, mentre ci ha aiutato a fare memoria della storia che ci ha preceduto,
con tante ricchezze, bellezze artistiche e santità di vita,
ci dona la sapienza per riconoscere la presenza di Gesù in mezzo a noi.
Nel suo Vangelo, Giovanni dice: «Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi». Per abitare tra noi Gesù sceglie una tenda perché una dimora fissa gli impedirebbe di stare sempre vicino a noi, ovunque ci troviamo.
La nostra Chiesa vorremmo immaginarla come una tenda tra le case della gente, segno di una Presenza, di una cura e di una vicinanza di Dio che passa attraverso i gesti di una Comunità e anche (perché no?) la bellezza delle pietre che la adornano. Esse sono così il segno di quelle pietre vive che rendono bella la Chiesa comunità, la raccontano e la evocano, ma nel contempo aiutano ad entrare in rapporto col Mistero del Dio incarnato.
«Ricorda i giorni del tempo antico, medita gli anni lontani: Interroga tuo padre e te lo farà sapere, i tuoi vecchi te lo diranno» (Deut 32,7).
Ci scopriamo così tutti come “nani sulle spalle dei giganti” che ci hanno preceduto, per ricordare quanto ci hanno consegnato nei secoli e con loro contemplare il Mistero di un Dio, nostro contemporaneo, che ha posto la sua tenda in mezzo a noi.
«Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore» (Sal 90,12).
La storia è maestra di vita, ma conta pochi scolari.
C’è chi va alla ricerca del tempo perduto, per ripiegarsi sulle proprie compiaciute malinconie.
C’è chi, passando in rassegna accadimenti lontani, si lascia pungere il cuore da nostalgie prive di speranza.
C’è chi ricostruisce il passato, soltanto per rispolverare le proprie bravure e fortune.
Tutto questo non è «sapienza del cuore».
Alla «sapienza del cuore» può giungere il cristiano se fa sua la prospettiva dell’Eterno Signore dei giorni, fonte di «ogni buon regalo e dono perfetto» (Gc 1,17).
Se riconosce la «pienezza del tempo», quando venne tra noi il Figlio di Dio, «nato da donna» (Gal 4, 4).
Se resta convinto che lo Spirito del Risorto è il vero protagonista di tutta la storia, quella della Chiesa in particolare, dunque anche della sua parrocchia. E Lui scrive diritto anche sulle righe storte.
«Per i santi che sono sulla terra, uomini nobili, è tutto il mio amore» (Sal15).
Superati i 200 anni, anche una comunità cristiana va sollecitata a fare memoria.
Per non ridurci ad un popolo smemorato, incapace di riconoscere e di rendere grazie per quanto ha ricevuto da quanti lo hanno generato; privo di chiari ideali e di fresche risorse, per correggere gli inevitabili limiti; in grado di costruire il proprio futuro con fondata speranza.
Proprio coloro che ci hanno preceduto ci hanno anche insegnato a dire «scusa» per i disagi provocati, anche se involontariamente; e a dire «grazie» per i favori ricevuti, anche se doverosi.
Il grazie corale va detto a uomini – sacerdoti e laici già nominati sulle lapidi o rimasti anonimi – che ci sono stati padri nel trasmetterci la fede che dà forma a tutta la vita.
Hanno vissuto quanto hanno insegnato, in anni ben più tormentati dei nostri. Con eroici sacrifici hanno saputo provvedere a dignitose strutture, sempre più adeguate ai bisogni cultuali, educativi, caritativi e culturali.
Hanno offerto le energie dei loro anni migliori per tirar grande un popolo, dove sia normale «rallegrarsi con quelli che sono nella gioia e piangere con quelli che sono nel pianto» (Rom 12, 15); dove le diversità si confrontino e si arricchiscano; dove ognuno stia al suo posto e svolga il proprio lavoro per il bene di tutti.
La storia di una parrocchia si intreccia evidentemente con quella della città, per la quale è segno e strumento di «una nuova creazione» (2Cor 5, 17).
«Si parlerà del Signore alla generazione che viene. Al popolo che nascerà diranno: Ecco l’opera del Signore» (Sal 21, 32).
Una comunità – erede della Chiesa di Ambrogio, «piena» di ogni dono e che si onora del patrocinio di due martiri – non si sottrae neppure alla testimonianza del sangue.
Anche oggi non è facile mantenere l’identità culturale cristiana nel pensare e nell’agire; ed è facile scoronare Cristo dell’aureola della divinità che lo rende unico e necessario Salvatore di tutti.
Non è stemperando la novità evangelica, che si dialoga meglio e si è utili agli altri; non è riducendo la distinzione tra luce e tenebre, dubitando e sbandando con quelli che dubitano e sbandano, che si riesce a mediare come si deve nella complessità in cui navighiamo.
Una scelta chiara e certa, per il Signore al di fuori del quale non c’è salvezza sotto il cielo (cf At 4, 12), è richiesta al testimone, chiamato alla nuova evangelizzazione di un mondo che ogni giorno più abolisce le distanze e allarga i confini.
Facciamo nostro il canto degli operai in «Cori da La Rocca» di T. S. Eliot:
In luoghi abbandonati, Noi costruiremo con mattoni nuovi…
C’è un lavoro comune, Una Chiesa per tutti
E un impiego per ciascuno, Ognuno al suo lavoro.
Siamo tutti chiamati a vigilare sulla incessante costruzione della Chiesa che è in San Protaso e Gervaso, «tempio di pietre vive» (1Pt 2, 5), per essere sempre più «concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, sopraedificati sul vero fondamento, cioè gli apostoli e i profeti» (Ef 2, 20s).
Da soli non ce la facciamo. Abbiamo bisogno della Grazia di Dio, che fa nuove tutte le cose e della parola del nostro Vescovo che ci confermi in questo cammino.
Per questo la Messa di Domenica 20 non sarà solo un momento celebrativo, ma ci aiuterà a vivere con sapienza questo tempo, esercitando quel discernimento comunitario che ci aiuti a comprendere come il Signore sta già operando in mezzo a noi, per seguirlo con umiltà ed entusiasmo.
Ci diamo tutti appuntamento allora alla Messa delle 10.00 in san Protaso e Gervaso con grande gioia.
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