Educare, dirigere, destinare

“A me sembra che noi adulti oggi non siamo più in grado di educare i nostri figli. Abbiamo una sorta di blocco educativo molto grave, che ha portato a una vera e propria emergenza nazionale.

Credo che sia in crisi l’idea stessa di educare, intesa nel senso di «dirigere» una persona più giovane a trovare la sua strada. Quel che vedo intorno a me è una massa di giovani non educati, nel senso di «non diretti» da nessuno, e in nessuna direzione. L’immagine che ho davanti non è un viaggio, ma un pascolo: mi sembra di vedere giovani che pascolano in un prato, e non giovani con la valigia «diretti» da qualche parte. Un pascolo: qualcuno bruca, qualcuno dorme, qualcuno passeggia in tondo.

Non so se sia davvero una incapacità di educare la nostra, o non, piuttosto, una precisa volontà di non educare. Forse propenderei per questa seconda ipotesi: non ci piace dirigere nessuno da nessuna parte. […] Più o meno velatamente pensiamo che educare-dirigere sia un male.

Noi oggi, purtroppo, pensiamo che proporre il nostro personale modello, un sacco pieno delle nostre convinzioni, non sia corretto: riteniamo (sbagliando) che sia presuntuoso e illiberale, e che significhi limitare le scelte e reprimere la sconfinata libertà del ragazzo. Sconfinata, già… noi pensiamo che i confini siano un male; i confini, i paletti, i contorni: tutte parole che limitano e dunque imprigionano. Quale errore! […]

A noi oggi piace erroneamente pensare che la libertà equivalga a non porre limiti. E così preferiamo passare al giovane un sacco vuoto, che egli possa riempire come gli piace, senza nessuna indicazione che anche solo minimamente lo costringa: per questo siamo per un’educazione per così dire formale, non sostanziale. Passiamo metodi, non contenuti: si danno delle competenze, ma non si educa a una visione del mondo.

Avere una visione del mondo vuol dire avere trovato un senso alla vita: è questo il fondamento da cui parte la possibilità di educare.

Ed è qui che farei intervenire un’altra idea forte: l’idea di destino. È l’idea che il giovane che noi ci proponiamo di educare abbia un destino, e che in fondo questa sia la ragione stessa per cui lo educhiamo.

Questo dobbiamo passare ai nostri figli e studenti, l’idea che abbiano un destino, un fine, un senso.

Pensiamo a Ulisse, l’uomo che vaga per il mondo; ci mette vent’anni a tornare a casa, ma ha sempre in mente Itaca, lì vuole tornare; ha un’idea di destino, cioè di ritorno. […]

C’è un elemento bellissimo nella parola destino: l’idea di viaggio. Destino viene dal verbo destinare: mandare a un indirizzo preciso, indirizzare, far arrivare a una meta. Il giovane ha un destino nel senso che deve ritornare al luogo che è il suo: deve diventare se stesso, riconoscersi. Trovare la sua strada, rivedere la sua isola, riprendere il suo regno.

Allora educare può avere un senso! Allora educare, dirigere e destinare sono tre verbi che vogliono dire la stessa cosa!

Meraviglia: tu adulto educhi il giovane perché vuoi dirigerlo a trovare la sua strada, la sua natura, sé, il suo ruolo, ciò per cui è destinato! La vita diventa, per il giovane, immediatamente dotata di senso: ha una meta. La vita è un viaggio, è un ritorno, e lui è di nuovo l’homo viator.

È questa forse l’idea che abbiamo perduto. Noi oggi ci preoccupiamo solo dei diritti individuali, dello sviluppo della personalità del nostro bambino: riteniamo, sbagliando, che l’individuo sia sovrano e non abbia nulla sopra di sé; non esiste l’idea di persona-in-relazione.
Ma noi siamo persone, non individui isolati, sempre in una relazione sociale: non siamo il centro unico del mondo! Anche i nostri figli vengono da una relazione e a questa vanno educati, sapendo orientare a questo i loro desideri-bisogni: non ne possono essere schiavi e non sono loro i nostri padroni!

Nostro figlio, nonostante tutto quello in cui crediamo noi e che gli proponiamo, è però davvero un mistero che viene da lontano: è prima e oltre noi stessi. E tocca a lui scoprirlo.

Noi, semplicemente, crediamo che lo scoprirà meglio se gli avremo dato qualche indicazione precisa, a partire da quello che ognuno di noi ha trovato come vero ed importante (sensato!), nella sua vita”.

 

Articolo tratto da un intervento di Paola Mastrocola

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