Il patriarca ortodosso di Mosca, Kirill, si è schierato con Putin vantando i sacri valori della Russia cristiana contro il decadimento morale dell’Occidente.
È’ una posizione che, in nome del Vangelo, non possiamo accettare.
Se è vero che a distanza di duemila anni facciamo ancora tanta fatica a comprendere il valore della fratellanza umana, l’intervento del patriarca russo sembra dimenticare che siamo “fratelli tutti” (come invece Papa Francesco ci richiama).
Le sue parole finiscono per giustificare la morte di esseri umani, e questo non è ammissibile. Mai l’uomo può essere usato come “mezzo” per far trionfare ideologie o ideali (più o meno giusti): l’uomo è sempre un “fine”, il fine della creazione di Dio.
Il meccanismo è fatale: più si accentua il valore ideale della “causa”, più perdono valore le vite degli uomini reali. È la spina dorsale di ogni ideologia, il suo tratto marcatamente fondamentalista.
Nella storia dell’umanità spesso, purtroppo, tante atrocità sono state commesse anche in nome di una religione, che pensava di difendere la morale del suo dio.
In passato (e al presente) si benedicono armi e uomini, mandati al macello convinti della propria “guerra giusta”.
Speravamo tutti che questo fosse un passato per il quale non ci restava altro che chiedere perdono…, e le parole del patriarca di Mosca non favoriscono il cammino ecumenico.
«Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.» (Mt. 26, 52); «Ma a voi che mi ascoltate io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano» (Mt.5,27); «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.» (Lc 6, 36).
Sono solo alcune tra le tante citazioni evangeliche che dovrebbero spingere tutte le confessioni cristiane a considerare la guerra una pazzia e a condannare – senza “se” e senza “ma” – una qualsiasi azione violenta.
Da queste brevi considerazioni una proposta.
È giunta l’ora che dovremmo tutti – uomini e donne cristiane – nel nome del vangelo a cui attingiamo le “parole di vita” e non di morte, diffondere una cultura della pace che si ponga in alternativa agli eserciti e alla guerra.
Dovremmo tutti elaborare, nel caso di un attacco bellico, una sorta di «difesa popolare nonviolenta» e fissarla nei libri di scuola, quale migliore antidoto all’ideologia della “guerra giusta” o “santa”. E ritornare tutti a scuola per apprenderla.
Purtroppo (e drammaticamente) la cultura e la pratica della non-violenza è per ora snobbata dalla quasi totalità dei politici.
Forse perché si pensa che la nonviolenza sia sinonimo di passività e sia utopistica nel caso di risoluzione di conflitti.
La storia invece ci insegna che i grandi nonviolenti non sono stati per nulla passivi, ma hanno scritto pagine magnifiche sulla base di un coraggio che arriva perfino a mettere a rischio la propria vita (come non pensare al grande movimento suscitato da Gandhi…?).
Tragico è, invece, il persistere della mentalità che solo eserciti e guerra siano adeguati alla soluzione di controversie internazionali.
Insieme, “fratelli tutti”, lavoriamo per la costruzione di una cultura della pace nonviolenta…”Beati i costruttori di pace!”
dP
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