La vita è vocazione ad amare

VIVIAMO UNA VITA RICEVUTA

 

La proposta pastorale dell’Arcivescovo per il prossimo anno richiama l’attenzione all’essenziale: riconoscere l’implicazione fondamentale della fede e cioè che vita è vocazione ad amare.

Nel contesto in cui viviamo la proposta cristiana può essere considerata come una sorta di stranezza d’altri tempi, può essere disprezzata come ridicola, può essere intesa come la pretesa di giudicare, come una invadenza fastidiosa.

Ma i cristiani non vogliono e non possono giudicare nessuno. D’altra parte ritengono che la stoltezza di Dio sia più sapiente della sapienza dei sapienti. Sperimentano che, vivendo secondo lo Spirito di Dio e l’insegnamento della Chiesa, ricevono pienezza di vita, hanno buone ragioni per aver stima di sé e degli altri, affrontano anche le prove animati da invincibile speranza Non ritengono di essere migliori di nessuno. Sentono però la responsabilità di essere originali e di aver una parola da dire a chi vuole ascoltate, un invito alla gioia.

Con questo spirito l’Arcivescovo incoraggia tutti a non rinunciare alla responsabilità della testimonianza, della proposta, dell’accompagnamento educativo sui temi che riguardano passaggi decisivi della vita.

I credenti riconoscono di vivere di una vita ricevuta. Gesù è la vita e la relazione con Gesù è vita per coloro che entrano in comunione con lui. La fede è la risposta fiduciosa all’invito a ricevere la vita da Gesù.

L’illusione dell’individualismo è di essere padroni e arbitri insindacabili della propria vita: ci si trova di fronte alle infinite possibilità offerte dalla situazione e si può scegliere la via da percorrere per giungere al compimento dei propri desideri Si può anche non scegliere: si vive lo stesso. “La vita è mia e ne faccio quello che voglio io”: la persuasione spontanea diffusa nel nostro tempo ritiene ovvia e indiscutibile questa visione delle cose. In questa visione è ovvia e indiscutibile la destinazione a morire.

Gesù scandalizza le folle che lo cercano offrendo la visione più realistica dell’esistenza: vivete di una vita ricevuta, siete vivi perché chiamali alla vita dalla promessa della comunione con il Padre tramite la partecipazione alla vita di Gesù. Seguire Gesù, dimorare in Gesù, conformarci a Gesù è la condizione per vivere. Senza di lui non possiamo fare niente.

Gesù chiama alla fede e la fede non si riduce a una convinzione, ma è la relazione di cui viviamo. La vita infatti non si riduce a un fatto fisico di un organismo che funziona, ma è la relazione che chiama a vivere, è dono, è grazia.

La dimensione celebrativa, sacramentale, misterica della vita cristiana richiede di essere educata e vissuta con semplicità e gratitudine, con intelligenza e frequenza. Ci sono infatti difficoltà diffuse ad apprezzare la pratica sacramentale e la tendenza individualistica riduce anche la celebrazione dei sacramenti a un pretesto per celebrazioni mondane La celebrazione dei sacramenti introduce nella relazione con Gesù e da lui riceve la vita, la rivelazione del senso del vivere, la promessa di vita eterna.

Viviamo di una vita ricevuta. La vita che riceviamo dai genitori si rivela nella sua origine come dono di Dio che ci chiama a partecipare della sua vita, figli nel Figlio Gesù.

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