Sulla scomunica di padre Farè

Una riflessione articolata per capire meglio le accuse mosse a Papa Francesco e le ragioni della scomunica.

Il senso del nostro intervento
A seguito degli articoli di stampa sulla scomunica comminata a padre Farè, come sacerdoti responsabili della Comunità pastorale gorgonzolese siamo intervenuti pubblicamente, non per polemizzare (siamo anzi molto addolorati per le conseguenze che queste sue affermazioni possono avere per la vita di padre Giorgio Maria e per il fatto che il Papa sia stato costretto a giungere ad una decisione così grave nei confronti di un nostro confratello), ma per il senso di confusione che, a causa delle sue posizioni, si è creato in non pochi fedeli della nostra Comunità, dove padre Giorgio è cresciuto e nato. Non vogliamo rinfocolare un dibattito, ma rassicurare quei fedeli che, a causa delle sue posizioni, ne abbiano avuto scandalo.

Riteniamo di dover dare qualche elemento, che speriamo possa contribuire a completare le informazioni che vengono date, per chi sorpreso e preoccupato sta cercando di capire, nell’intento di superare diatribe giuridico teologiche e dottrinali disciplinari, e richiamare invece una certezza: che il Signore ama Tutti noi e la sua Chiesa, e sicuramente troverà il modo di manifestare questo suo amore e superare le nostre non comprensioni. Per questo non serve schierarsi, serve accogliere il suo Amore e lasciare che gli esperti si confrontino e ciascuno faccia le sue scelte in coscienza. A tutti noi il compito di non fomentare le diatribe e a chi ha responsabilità di mediare di prestare attenzione alle persone più che alle confutazioni o alla notizia.
Riportiamo perciò per chi legge il Notiziario, e quindi partecipa attivamente alla vita della Comunità pastorale, alcuni pronunciamenti autorevoli e alcune chiarificazioni dottrinali.

Cosa è una scomunica?
La scomunica è una “pena medicinale”, per cui si viene esclusi dalla comunità dei fedeli e dalla partecipazione ai sacramenti. La Chiesa sancisce delle scomuniche soprattutto dove c’è il rischio che una determinata posizione possa dare scandalo ai fedeli o rompere la comunione ecclesiale. La scomunica ha la funzione di porre un altolà e di dire: guarda che è così grave quest’azione che per essa vieni scomunicato.
Ecco che cosa dice il Codice di Diritto canonico a proposito di chi viene scomunicato:
Can. 1331 – § 1. Allo scomunicato è fatto divieto: 1° di prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazione del Sacrificio dell’Eucaristia o di qualunque altra cerimonia di culto pubblico; 2° di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti; 3° di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di governo.
Lo scomunicato non può esercitare alcun ministero nella celebrazione della Messa o di altri sacramenti o in cerimonie di culto pubblico. Può invece partecipare alla Messa e ricevere i sacramentali (per esempio il funerale).

Perché Papa Francesco non sarebbe il vero Papa, secondo i prelati scomunicati, per questo, dalla Chiesa?
Perché per loro, quando Papa Benedetto ha letto le sue dimissioni in latino, non avrebbe usato il termine “munus”, ma “ministerium”, per cui sarebbe rimasto ancora (in incognito?) Papa. E ciò motiverebbe l’esistenza di un codice segreto, il “codice Ratzinger”, attraverso il quale Benedetto XVI avrebbe solo fatto finta di dimettersi: da qui l’affermazione secondo cui Francesco sarebbe un Papa invalido, un antipapa, e tutte le sue nomine (episcopali e di cardinali) sarebbero invalide.

Alcune risposte tecniche alle tesi contro la validità di papa Francesco
Padre Georg Gänswein, segretario personale di Papa Benedetto, aveva già bollato a suo tempo come assurde e prive di fondamento queste tesi: non esiste alcun “codice Ratzinger”. Inoltre ha spiegato il perché Benedetto aveva utilizzato quel termine latino e non un altro: non per restare segretamente Papa, ma per essere “papa emerito”, ancora vestito di bianco, ma non più “Papa” a tutti gli effetti.
La spiegazione addotta però non ha soddisfatto coloro che, non riconoscendosi nella prassi pastorale e in alcune affermazioni di Papa Francesco, non lo riconoscono come il Papa unico e vero della Chiesa, per cui per loro la sede di Pietro sarebbe, dopo la morte di Benedetto, vacante.
Per non dare l’impressione di essere “di parte”, ci rifacciamo a quanto sostiene il Vescovo Athanasius Schneider, massimo esponente della cosiddetta “ala cattolico tradizionalista” della Chiesa e quindi non certo accusabile di sostenere la “linea riformista” di Papa Francesco…
Egli afferma che la nomina di Papa Francesco è certamente valida per alcune ragioni: storiche, giuridiche, ecclesiali e pastorali.

  1. Prima di tutto sostiene che il principio guida più sicuro in tale questione dovrebbe essere la prassi prevalente con cui nella storia della Chiesa erano risolti i casi di una elezione pontificia presumibilmente invalida: “Il principio della legalità applicato ad litteram o del positivismo giuridico non è mai stato considerato nella grande prassi della Chiesa un principio assoluto, poiché nel caso della legislazione dell’elezione papale si trattava di legge umana, e non divina”.
    Detto in parole semplici: non è mai stato e non può essere un cavillo giuridico letterale (ministerium o munus) a rendere invalida una procedura canonica riconosciuta come autentica dalla Chiesa stessa. Non è possibile che il Papa eletto dai Cardinali in Conclave non sia legittimamente valido (a meno che non si sostenga che i cardinali di allora fossero tutti corrotti o ignoranti!).

  2. In secondo luogo monsignor Schneider dimostra che: “La legge umana che regolarizza l’assunzione dell’ufficio papale , deve essere subordinata al bene maggiore di tutta la Chiesa, che in questo caso è l’esistenza reale del capo visibile della Chiesa e la certezza su tale esistenza per tutto il corpo della Chiesa, clero e fedeli. La Chiesa universale non può esistere per un tempo considerevole senza il successore di Pietro, giacché da esso dipende l’attività vitale della Chiesa universale”.
    E questo anche per l’unica legge che deve guidare la Chiesa: il bene spirituale dei fedeli.
    “Il bene spirituale e la salvezza eterna dei fedeli è la legge suprema nel sistema normativo della Chiesa. Per questa ragione esiste il principio del “supplet ecclesia” ossia della “sanatio in radice”: cioè la Chiesa completa ciò che era contro la legge” (come nel caso del sacramento del matrimonio).
    Questo principio veramente pastorale, la Chiesa lo ha applicato nella storia “anche nel caso dei dubbi di una rinuncia o di una elezione pontificia. Concretamente la “sanatio in radice” di una elezione pontificia invalida si esprimeva nell’accettazione pacifica e moralmente universale del nuovo Pontefice da parte dell’episcopato e del popolo cattolico per lo stesso fatto che tale Pontefice eletto (presumibilmente invalido) era nominato nel Canone della Messa praticamente da tutto il clero cattolico”.
    Ed aggiunge senza mezzi termini: “La storia della Chiesa è una maestra sicura in tale questione” presentando una serie di fatti incontrovertibili che la certificano.

  3. C’è infine una motivazione molto pratica e sensata che Monsignor Athanasius Schneider prospetta:
    “L’ipotesi della rinuncia invalida di Benedetto XVI, e quindi dell’invalidità del papato di Francesco, si presenta propriamente come un vicolo cieco. Da undici anni la Sede Apostolica sarebbe de facto vacante. E quindi tutte le nomine, tutte le dispense pontificie e le indulgenze concesse sarebbero nulle, con tutti i danni conseguenti per il bene spirituale delle anime. E nel caso (possibile) della morte di tutti i cardinali nominati prima di Papa Francesco, non sarebbe possibile eleggere validamente un nuovo Pontefice!”
    Perciò affermare che Papa Francesco non sia il Papa legittimo è non solo non vero, ma anche assurdo. Una situazione di sede papale senza Papa condurrebbe infatti facilmente a un fenomeno settario e quasi-eretico: il “sedevacantismo”.
    Per cui conclude lo stesso monsignor Schneider senza possibilità di essere frainteso:
    “L’ipotesi per cui Benedetto XVI sarebbe stato l’unico Papa valido, e quindi Francesco sarebbe un Papa invalido, contraddice non solamente la provata e sensata prassi della grande tradizione della Chiesa, ma anche semplicemente il buon senso”.

  4. La considerazione decisiva più semplice e ragionevole
    A tutto ciò ci sentiamo di aggiungere un’ultima considerazione: affermare che Francesco non sia mai stato il vero Papa, è un’offesa all’intelligenza e alla correttezza di Papa Benedetto XVI, il quale lo ha sempre ascoltato e riconosciuto come il Papa legittimo, non mettendone mai in discussione la sua nomina al soglio pontificio e definendo sé solo come “emerito”.

Ci sembrava importante far conoscere queste cose (anche se un po’ tecniche e complesse), per assicurare tutti i fedeli di essere nella vera Chiesa cattolica voluta da Cristo per mezzo dello Spirito, in unione con l’unico vero e legittimo Papa: Francesco.

Siamone certi: anche in situazioni di massima tempesta, il timone della barca della Chiesa è saldo nelle mani del Signore e comunque questa tempesta è relativamente breve nell’ottica delle grandi crisi nella bimillenaria esistenza della Chiesa.

I sacerdoti della Comunità pastorale di Gorgonzola

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