A distanza di tre anni dalla festa per la beatificazione di Montini, oggi 14 ottobre 2018 siamo giunti alla sua canonizzazione, un riconoscimento che serve soprattutto a noi, popolo fedele di Dio, per avere una indicazione in più nel modo di vivere la fede, cioè un esempio da imitare nella via alla santità.
Questa canonizzazione è motivo di festa per la chiesa universale, ma anche per alcune chiese particolari, come Brescia e Milano, dove Montini è nato e ha vissuto il suo ministero.
Chi è Paolo VI?
Paolo VI ha espresso un magistero molto alto sul mistero della Chiesa, segno e strumento di comunione con Dio e tra gli uomini, popolo di Dio in cammino, realtà antica, eppure resa sempre nuova dalla forza dello Spirito. La Chiesa per lui non era società perfetta, di fronte al mondo, ma realtà insieme mistica e storico sociale, in cammino nella storia per indirizzare il cammino dell’uomo verso il Regno di Dio, di ogni uomo, tutto l’uomo. Per questo ha definito la chiesa, nella sua natura, colloquio, dialogo aperto verso ogni persona, senza discriminazioni, dialogo aperto a 360 gradi perché fondato nella ricerca della verità.
Questo Papa non solo ha condotto a termine il Concilio Vaticano II, ma si è anche fatto carico di guidare la Chiesa nel solco aperto dal concilio, tenendola insieme e guidandola come barca traballante e scossa dalle tante tensioni. Ha aperto la via per la vita della Chiesa nel terzo millennio, il nostro.
Paolo VI ci cammina davanti per guidare ancora i passi e a lui , alla sua Evangelii Nuntiandi, lettera
apostolica del 1975, fa ampio riferimento Papa Francesco nella sua Evangelii Gaudium e alla Evangelii Nuntiandi il nostro arcivescovo Mario Delpini rimanda noi fedeli ambrosiani per vivere in questo anno il cammino pastorale.
Questo Papa ha avuto a cuore il laicato, l’azione di laici innamorati della Chiesa e della sua edificazione missionaria nei contesti locali in collaborazione responsabile con la gerarchia, una collaborazione interpretata da lui come relazione di obbedienza filiale, di rapporti fraterni, profondi, autentici, prima che funzionali o operativi. A partire da questa profonda comunione ha elaborato un intenso magistero sul rapporto con il mondo, sui laici, sul laicato associato.
La sua canonizzazione impegna ulteriormente a una ripresa di questi insegnamenti.
Così sognava la Parrocchia: “Oh come sarebbe stupendo se le nostre parrocchie dimostrassero bene quel che deve essere la società cristiana! E cioè: gente, dapprima sconosciuta gruppi diversi per costume, educazione, origine, età, ecc che, trovandosi in chiesa, si rivelano e si sentono nuclei di fratelli. Diventano amici, si danno la mano l’uno con l’altro, non parlano male del prossimo, e cercano, invece, ove c’è un ammalato, di assisterlo, ove un disoccupato, di soccorrerlo, ovunque, in una parola, c’è un’azione buona da compiere a vantaggio del prossimo, aver subito cuore e impegno per dire: ecco che Cristo ci chiama. Ricordate la parola solenne di Cristo: “Vi riconosceranno veramente per miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri»; se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi, più che spontanea, con quella larghezza di cuore, e quella capacità di generare il Cristo in mezzo a noi, derivanti, appunto, dal sentirsi uniti in Lui e per Lui.”
Rimane una sfida: far conoscere Paolo VI anche alle nuove generazioni, per le quali potrebbe essere un personaggio del passato come tanti. Questa sfida ci interpella e stimola a far conoscere ed amare San Paolo VI: anche per questo, oggi, alcuni nostri parrocchiani saranno a Roma, col Parroco, per la sua canonizzazione.
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