Meglio di prima!

Scriveva Alessandro D’Avenia in settimana sulle colonne del Corriere della sera: “Questo è chiesto a ciascuno: fare meglio di prima quello che sappiamo e possiamo fare, per servire gli altri e dare loro speranza, come quelle ragazze che a Torino si sono offerte di fare la spesa per gli ultrasettantenni del loro condominio. Non dobbiamo solo obbedire (anche se lo dobbiamo fare!) alle voci «esteriori» che ci dicono cosa fare per non aumentare il contagio, ma ascoltare la più sottile voce interiore che ci ricorda chi siamo e che cosa possiamo fare per gli altri, ciascuno nel suo ambito”.

Ci sembra l’atteggiamento giusto per vivere questa situazione come occasione di Grazia.

Se siamo genitori staremo con più intensità e qualità coi nostri figli ed impareremo a conoscerli meglio. Dedicarci a chi abbiamo in casa e, come possiamo, agli altri, ci farà riscoprire i loro bisogni e le nostre priorità.

Se siamo insegnanti faremo scuola come possiamo, anzi meglio, perché l’insegnamento a distanza aiuta a ripensare metodi e contenuti; faremo crescere i ragazzi non nonostante, ma grazie a questa situazione, facendoli sentire protetti, ancorati alla vita e sfidati.

Se siamo coniugi riscopriremo il desiderio del primo “sì” e ci prenderemo cura uno dell’altro, con tenerezza e pazienza. E con l’attesa carica di emozione per il marito e la moglie che torna dal lavoro con qualche minuto di ritardo, con quella sana preoccupazione che solo chi ama sa avere.

Se siamo figli impareremo a scoprire la bellezza e la cura di chi ci ha generato e ritroveremo il gusto del parlare insieme attorno a un tavolo o davanti a uno schermo. E con stupore ci accorgeremo che forse chi è più grande di noi non è solo “yesterday”, ma sa vivere come noi e con noi il tempo che attraversa.

Se siamo giovani, trasformeremo questa situazione e queste privazioni in occasione di vita: ci accorgeremo che del mondo “reale” abbiamo bisogno e che il “virtuale” non ci basta, perché le vere relazioni si hanno solo quando ci si incontra in un luogo, col proprio corpo e la propria ed altrui fisicità. E quando tutto tornerà alla normalità avremo appreso un nuovo stile di vita e nuove priorità.

Se siamo nonni ritroveremo la forza per accudire i nipoti e gusteremo la bellezza del tempo che ci è dato di poter trascorrere con loro e per loro. Anche se ci stancano tanto e le ore non passano mai (per fortuna!).

Se siamo malati ci eserciteremo a guardare al domani non con terrore o paura, ma come la meta verso cui tutti siamo incamminati. Con la certezza della vita eterna che la Resurrezione ci assicura e con il proposito di riempire d’amore il tempo che ancora ci rimane. Diceva Barbossa nel film “I pirati dei Caribi”: “È il giorno della morte che dà alla vita il suo valore”.

Se siamo in forze potremo fare nostre le parole de “Il signore degli anelli-Il ritorno del Re”: “Ci sarà l’ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l’era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Quest’oggi combattiamo! Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra, vi invito a resistere, uomini dell’Ovest!”

Se siamo consacrati ripeteremo con più verità le parole del Salmo: “Sei tu Signore l’unico mio bene”. E ci metteremo a disposizione dei fratelli, pronti a dare la vita per loro.

Se siamo credenti, faremo nostre le parole del nostro Arcivescovo e pregheremo con lui Maria, come possiamo leggere all’interno delle pagine di questo Notiziario….

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