Il peso e il dono della responsabilità

Che cosa succede a coloro che assumono responsabilità? Quali esperienze vivono quelli che per scelta o per vocazione o per qualche altro motivo ricevono incarichi pubblici? Di quali virtù hanno bisogno? Su quali aiuti possono contare?

Le pretese
Se hai un incarico la gente avanza le sue pretese. Talora si tratta di richieste rispettose e legittime. Talora sono invece pretese presentate con piglio aggressivo e suscettibilità. Ci sono persone che pensano di avere il diritto di chiamarti a ogni ora, di pretendere che tu sia sempre presente, che tu dia sempre ragione. Che tu sia il parroco o il sindaco o il vescovo o il dirigente scolastico o il capo dei vigili o il medico, ci sono persone che pretendono di essere accontentati, sempre, indiscutibilmente. Mosè è stato posto a guida del popolo di Israele nel deserto e il popolo pretende acqua nel deserto, pane dove non c’è grano, carne dove non c’è essere vivente. Gesù si rivela salvatore e opera guarigioni per manifestare la presenza del Regno di Dio, ma la gente pretende miracoli senza mostrare interesse per il Regno di Dio. La gente vede l’aspetto utilitaristico delle opere di Gesù, piuttosto che accogliere il suo appello alla conversione.

Il bersaglio
Chi sta più in alto, più facilmente diventa il bersaglio per chi vuol colpire tutti. Chi è arrabbiato con la Chiesa, di solito non se la prende con la sua nonna che va sempre a Messa, ma con il parroco, il vescovo, il Papa. Se qualche cosa non va secondo le proprie attese, si cerca un colpevole e il colpevole è quello che sta al vertice. Se si vuole eliminare la Chiesa da un Paese, i primi perseguitati sono i vescovi e i preti.

Lo spettacolo
Coloro che sono scelti come responsabili nella comunità sono dati come spettacolo per il mondo. Quello che fanno, quello che dicono è esposto al giudizio di tutti. Ciascuno a casa fa quello che vuole, si dice; e si tende a perdonare tutto a tutti. Ma il prete, il vescovo è sottoposto a un giudizio severo. Dei difetti dei molti si offre una scusa: «è il suo carattere!»; ma dei preti, dei consacrati e consacrate, dei vescovi si dice: «Ma come può un prete, una suora, un vescovo comportarsi così? Rispondere così? Parlare così?» e il giudizio è severo. Coloro che rappresentano ufficialmente il Signore devono essere più santi degli altri.

I luoghi
Gesù, inseguito dalle pretese della folla, cerca la solitudine della preghiera. L’intimità con il Padre è la vita di Gesù, la sua forza. La preghiera è la forza del prete, del vescovo, di ogni consacrato, consacrata e di ogni discepolo del Signore. C’è un tempo in cui la vita trova la sua verità, il ministero la sua verifica, la compassione diventa intercessione, la presenza di Dio è la comunione in cui vivere.
Nella traversata del deserto ci sono le oasi dove il popolo assetato si accampa presso l’acqua. È l’immagine della fraternità che dà sollievo. Il ministero è talora una specie di deserto, le fatiche sembrano improduttive, i rapporti si rivelano complicati, le scelte dolorose. Si cammina, ma il cammino è faticoso e talora il cuore è triste, ferito.

Esistono però le oasi, gli amici, i fratelli.
La comunità può convertirsi e i segni della conversione possono essere che invece delle pretese chi ha responsabilità si sente atteso, la sua presenza è desiderata, non tanto per le prestazioni che offre, quanto per il segno che rappresenta, il vangelo che annuncia. Occorre che, anzichè isolare il responsabile che diventa un bersaglio, si crei una corresponsabilità che sostiene, consiglia, corregge, condivide. I segni della conversione possono essere che invece del pettegolezzo che diffonde mormorazione e malumore, si pratica la parola buona che incoraggia, benedice, ringrazia.
Che i nostri don trovino in questa comunità l’oasi per pregare, la fraternità per sentirsi a casa, la parola buona che accompagna il loro ministero.

Mario Delpini, Arcivescovo

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