Martedì 1 settembre 2020
1Diceva anche ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
«Il padrone lodò quell’amministratore disonesto,
perché aveva agito con scaltrezza»
I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
(Luca 16,8)
Stupisce che il padrone lodi questo amministratore che lo deruba ulteriormente. Avrebbe dovuto infuriarsi e magari l’avrà fatto, ma sotto sotto s’accorge di ammirarlo perché è un uomo dalle mille risorse, che trova sempre il modo di stare a galla. Si accorge che le cose si mettono male, non perde tempo, trova uno stratagemma brillante anche se disonesto. Gesù ci vorrebbe così: non disonesti, certo, neanche arrendevoli o dimissionari, ma ingegnosi, arguti, creativi nel cercare le strade per diffondere il Regno di Dio, trasformando le difficoltà in occasioni di crescita. Una scaltrezza evangelica che i santi ci insegnano a più riprese.
Mercoledì 2 settembre 2020
9Ebbene, io vi dico:
«Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne»
10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? 13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». 14I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. 15Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole.
(Luca 16,9)
Perché la ricchezza è disonesta? Lo è sempre e comunque? Di per sé potremmo presentare occasioni in cui i patrimoni si sono costruiti con il sudore della fronte. Però si sa che nelle realtà economiche e commerciali è difficile fare a meno di qualche colpo di pollice, di qualche manovra poco corretta, di qualche piccolo (o grande) inganno. Ma Gesù non si perde in considerazioni moralistiche. Ci ha ripetutamente insegnato che il tesoro del discepolo va accumulato in Cielo e quindi raccomanda del cultura del dare, la condivisione ampia dei propri beni con chi non ha: è questa l’ingegnosa scaltrezza evangelica da imparare.
Giovedì 3 settembre 2020
S. Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa
16La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il regno di Dio e ognuno si sforza di entrarvi.
«È più facile che passino il cielo e la terra,
anziché cada un solo trattino della Legge»
18Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.
(Luca 16,17)
La predicazione, lo stile di Gesù suscitavano sconcerto, i capi religiosi avevano l’impressione che cambiasse la religione. La sua misericordia dai confini sempre più ampi ed evanescenti, la sua familiarità così imprudente con Yahvè, la compagnia con persone dal passato imbarazzante, la libertà dalle tradizioni interpretate in modo angusto e formale, suscitavano scandalo. Eppure Lui ci tiene a sottolineare a più riprese che la Legge va osservata tutta. Lo può dire perché Lui stesso va alla radice più profonda e vera della Legge, al suo scopo ultimo che è quello di legare indissolubilmente tutta la vita del credente, in ogni suo aspetto, all’amore del Padre.
Venerdì 4 settembre 2020
19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti.
«Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco»
ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
(Luca 16,20-21)
Ma di quale terribile colpa si è macchiato questo anonimo uomo ricco, per andare all’inferno? Non appare come un violento, un criminale, un assassino: non ha fatto nulla di male, qual è questo suo peccato così imperdonabile?
È l’indifferenza. Vive nel suo mondo, circondato dei suoi beni e il povero non lo vede neanche. Non si accanisce contro di lui, ma si comporta come se non ci fosse. La sua povertà non suscita empatia, domande, compassione, un minimo di partecipazione alla sua sofferenza. Il suo cuore è arido, occupato solo delle sue cose, di stare bene: un inferno, agli occhi di Gesù.
Sabato 5 settembre 2020
S. Teresa di Calcutta, vergine
20I farisei gli domandarono: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, 21e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché,
«Ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!»
(Luca 17,21)
A noi che aspettiamo sempre novità accattivanti, emozioni forti, segni clamorosi per trovare ulteriori stimoli alla nostra fede, Gesù replica dicendo che c’è già tutto. C’è Lui. Per sempre. La storia di tutti è abitata del suo amore. Non c’è da attendere ancora chissà cosa. Si tratta invece di aprire gli occhi e vedere che i cieli e la terra sono già pieni di Lui, spazio della Sua presenza. E non se ne va via. Mai. Gli puoi parlare in qualunque momento, lo puoi ascoltare ad ogni istante, puoi vivere con lui 24 ore su 24 e ne percepisci più facilmente la presenza se vivi nell’amore reciproco con chi ti sta accanto.
Domenica 6 settembre 2020
II DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
19Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico:
«Il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo»
20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. 21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. 22Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, 23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. 24In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.
(Giovanni 5,19)
Ogni tanto Gesù ci regala qualche squarcio abbagliante della vita trinitaria, della sua relazione con il Padre. Tra loro c’è piena consonanza, pieno accordo su tutto. Il desiderio di Gesù è quello di far conoscere all’umanità il Padre e quindi cerca di realizzare quanto il Padre Gli chiede, in tutto e per tutto. Sappiamo che non si tratta di un’obbedienza servile, ma di una risposta amorosa all’amore che dal Padre riceve incessantemente. Sappiamo anche noi per esperienza che quando si è nell’amore la gioia più grande è fare felice la persona che si ama, con una cura attenta anche dei dettagli.
Lunedì 7 settembre 2020
1Disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. 2È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli.
«State attenti a voi stessi!»
(Luca 17,3)
La vigilanza cristiana non è solo l’attesa del Signore. È anche lo sguardo su noi stessi, per conoscerci, per intuire le fragilità appena si manifestano, senza presumere di noi e delle nostre capacità. È ovvio che nel corso della vita occorre imparare a convivere con i nostri punti deboli, senza la pretesa di raggiungere un’assoluta perfezione, però non va dimenticata la potenza della grazia che è capace di sorprenderci anche quando ci sentiamo vulnerabili, a condizione di legarci stretti al Signore ed attendere da Lui quella forza e quella perseveranza di cui non ci sentiamo capaci.
Martedì 8 settembre 2020
NATIVITA’ DELLA BEATA VERGINE MARIA
1Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, 5Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, 8Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, 13Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe,
«Giacobbe generò Giuseppe,
lo sposo di Maria,
dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo»
(Matteo 1,16)
Dopo aver impiegato per 39 volte il verbo “generò”, per ricostruire la genealogia di Gesù da Abramo in poi, il Vangelo di Matteo presenta Maria “dalla quale è nato Gesù”. Un modo efficace per alludere alla sua maternità verginale, alla straordinarietà di questa nascita e per introdurre il personaggio centrale del Vangelo, Gesù, che è il Vangelo stesso. Tutto però dentro una storia pienamente intrisa di umanità, con luci e ombre, santità e peccato, volti celebri e assolutamente anonimi. Una discendenza come tante, come tutte le nostre, ma ricca di una promessa di Dio che sceglie proprio quella stirpe per farsi uomo.
Mercoledì 9 settembre 2020
7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
«Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”»
(Luca 17,10)
Qualcuno traduce quel “siamo servi inutili”, in “siamo soltanto servi”, come a ribadire il concetto che non possiamo avanzare nessuna pretesa, nessun privilegio, perché nulla ci è dovuto. Ci riporta alla verità fondamentale di noi stessi: siamo immensamente amati, inspiegabilmente, ma definitivamente. Abbiamo tutto, siamo al sicuro per sempre, in vita e in morte. Quindi il nostro tempo, le nostre energie, le nostre capacità sono tutte al servizio del Regno di Dio, che vorremmo venisse pienamente, in tutti, dappertutto e al più presto. Non ci sono orari protetti, il cuore non chiude mai e anche quando ci sembra di fare gli straordinari, in realtà è tutto normale. Gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo.
Giovedì 10 settembre 2020
Beato Giovanni Mazzucconi, sacerdote e martire
11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?
«Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?»
19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
(Luca 17,18)
Ringraziare apertamente, a voce alta, non preoccupandosi se tutti sentono, proprio perché la gratitudine è troppo grande, non è da tutti. Sono mille le cose che ci potrebbero frenare: la timidezza, il giudizio degli altri, la riservatezza. Ma la cosa rara e necessaria per ringraziare così è anzitutto il cuore limpido, libero, che esprime la propria felicità senza esitazioni, con la spontaneità di un bambino. Lo straniero era una categoria derelitta nell’Israele di quel tempo e quindi è facile pensare che questa persona avesse molto sofferto quindi potesse sentire ancora più forte la riconoscenza e lo stupore per il dono ricevuto. Vorremmo imparare tutti a ringraziare di cuore!
Venerdì 11 settembre 2020
22Disse poi ai discepoli:
«Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete»
23Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. 24Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. 25Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».
(Luca 17,22)
Ci sono giorni in cui vorremmo avere prove ulteriori, segni concreti per irrobustire la nostra fede, che sentiamo vacillare sotto i colpi delle prove o delle tentazioni. È facile allora cercare qua o là conferme, specie quando giungono notizie di apparizioni, di doni speciali in qualche luogo e pensiamo che potremmo finalmente toccare con mano, avere certezze inconfutabili che ci rendano saldi una volta per sempre. In realtà nessuno può sottrarsi alla fatica del credere. Neppure Maria, che è tata definita come «colei che avanzava nella peregrinazione della fede» (S. Giovanni Paolo II): neppure la santità esenta dalle penombre del credere.
Sabato 12 settembre 2020
26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe.
«La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse:
“Rallégrati, piena di grazia”»
il Signore è con te».
(Luca 1,27-28)
In terra la chiamano tutti Maria, dal Cielo gli angeli la vedono talmente limpida nel suo rapporto con Dio e tutta proiettata solo nell’amore da chiamarla “piena di grazia”. Lei poi si autodefinirà “serva del Signore”, a dimostrare che i nomi sono solo una convenzione: la realtà autentica è quella del cuore, dell’anima.
Agli occhi degli uomini quindi, un nome comune, come tanti, fino a passare inosservata. Ma conta ciò che siamo agli occhi di Dio e per questo i nomi di Maria sono tantissimi, uno più bello dell’altro, le litanie ne sono solo un esempio.
E tutto questo perché viveva sempre la Parola, al punto che si è fatta carne in lei.
Domenica 13 settembre 2020
III DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
«Allora domandò loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”.
Pietro rispose:
“Il Cristo di Dio”»
21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
(Luca 9,20)
C’è tanta luce e tanta verità in queste parole così concise e precise dell’apostolo Pietro. Ma non basta sapere e ripetere le definizioni esatte. Infatti, ciò che Pietro ancora non immagina, e che accetterà solo dopo molta fatica, è cosa vogliano dire queste sue parole nella concretezza della vita di Gesù.
Essere il Cristo di Dio non è, come lui pensava, la rivelazione da tutti accolta della sovranità di Dio in Gesù, ma è l’itinerario doloroso dell’Amore che affronta l’ostilità degli uomini e tutta la violenza del male, abbracciandola e guarendola con il dono totale di Gesù sulla croce, che sfocia nella risurrezione. È questa la fede difficile del discepolo.
Lunedì 14 settembre 2020
ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito,
perché chiunque crede in lui non vada perduto,
ma abbia la vita eterna»
17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
(Giovanni 3,16)
In poche parole è detto tutto: il disegno di Dio sulla storia, la redenzione dell’uomo, l’unione per sempre dell’uomo con Dio. Il motore di tutto questo è la passione irrefrenabile di Dio per l’uomo, per ogni uomo, un Amore sconfinato, che sbaraglia ogni ostacolo e dilaga dappertutto, che vuole raggiungere tutti e ce la fa, riuscendo perfettamente nel suo intento, perché sul legno della croce ogni uomo prima o poi sale, per il suo peccato o per il suo dolore. E lì trova Dio che lo abbraccia e lo salva.
Martedì 15 settembre 2020
Beata Vergine Maria Addolorata
«Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala»
26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
(Giovanni 19,25)
Stare presso la croce di Gesù significa partecipare nel modo più pieno a quanto Gli sta avvenendo, non pensare a sé, a ciò che si può soffrire, a ciò che può capitare, perché ci si sente una cosa sola con Lui.
Per una madre è un supplizio. Ma non riuscirebbe mai ad allontanarsi, perché la vita del figlio e quella propria sono la stessa cosa.
È un cuore di madre, quello di Maria, che Gesù ci regala dalla croce. Un cuore che, come non si è allontanato da Gesù, così starà vicino a ciascun figlio che geme nel dolore, per consolare e tenere vivi in lui l’amore e la speranza in ogni istante.
Mercoledì 16 settembre 2020
Ss. Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, martiri
15Gli presentavano anche i bambini piccoli perché li toccasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. 16Allora Gesù li chiamò a sé e disse:
«Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite;
a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio»
17In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso».
(Luca 18,16)
Gesù vuole con sé i bambini. Vede in loro il prototipo del cristiano.
Per questo non devono mai mancare dalle nostre comunità. Sono loro che, con la loro semplice presenza, difendono noi adulti dall’intellettualismo, da una fede solo teorica o che si occupa di dettagli marginali. Ci proteggono anche da una testimonianza noiosa e ripetitiva e attendono di vedere accesa in noi la freschezza nel credere, la prontezza nell’amare, la gioia nel comunicare, la semplicità nello stabilire relazioni vere. E se finalmente l’adulto credente assomiglia al bambino, la sua fede diventa irradiante, contagiosa, desiderabile, perché suscita la nostalgia di ciò che è semplice e vero.
Giovedì 17 settembre 2020
S. Satiro
18Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 19Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 20Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». 21Costui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza». 22Udito ciò, Gesù gli disse:
«Una cosa ancora ti manca:
vendi tutto quello che hai,
distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli;
e vieni! Seguimi!»
23Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco.
(Luca 18,22)
Cosa manca a questo notabile così esemplare e generoso? Un pizzico di follia, quella disponibilità a giocarsi senza avere sotto mano tutte le conferme, quello scommettere la propria vita su Dio, sapendo che Lui non tradisce, ma stupisce. È un balzo in avanti, un gesto audace, un lanciarsi fiducioso sapendo che saranno due braccia amorevoli ad afferrarti e ad accompagnarti. I calcoli, le previsioni, le rassicurazioni non bastano, anzi potrebbero essere un ostacolo se ci si basa solo su di quelle. Occorre fidarsi e partire. E la vita diventa tutta un’altra cosa.
Venerdì 18 settembre 2020
S. Eustorgio I, vescovo
24Quando Gesù lo vide così triste, disse:
«Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze,
entrare nel regno di Dio»
25È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!». 26Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato?». 27Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».
(Luca 18,24)
Le ricchezze che impediscono di entrare nel Regno non sono solo i soldi, anche se pure quelli hanno il loro peso. Sono in un senso più ampio tutte le nostre sicurezze, ciò che ci rassicura nel presente e nel nostro pensiero sul futuro. Ci sembra sensato essere sempre ben avveduti in ogni decisione e quindi non muovere un passo finché non si hanno tutte le garanzie.
Ma la certezza del discepolo non può mai riposare altrove che in Dio. Se ci si appoggia ad altro, prima o poi ci troveremo traditi e ci mancherà la terra sotto i piedi. Ma soprattutto non molleremo mai gli ormeggi e la nostra vita rischierà così di rimanere incompiuta.
Sabato 19 settembre 2020
32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. 33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina;
«Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli,
dove ladro non arriva e tarlo non consuma»
34Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
(Luca 12,33)
Quaggiù, dice Gesù, tutto è precario. Anche un grande patrimonio è sempre esposto a mille incognite e imprevisti, potrebbe ridursi o addirittura sparire nonostante tutti i nostri sforzi. La nostra stessa vita, ce ne accorgiamo bene in questi tempi, non ha mai garanzie assolute.
Gesù ci invita caldamente a non affannarci per i beni materiali di quaggiù. Solo il tesoro di lassù è al sicuro da ogni furto possibile e funziona al contrario dei beni terreni: infatti in Cielo si accumula solo quello che si dona, si perde ciò che si trattiene per sé. E quello è l’unico tesoro che rimane.
Domenica 20 settembre 2020
IV DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». 26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?».
«Gesù rispose loro: “Questa è l’opera di Dio:
che crediate in colui che egli ha mandato”».
30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!
(Giovanni 6,29)
Il Padre agisce di continuo, in mille modi, nella vita di ciascuno, per convincerci a credere in Lui. Ogni situazione è un’occasione favorevole perché ciò si realizzi. Questa infatti è la sua opera per eccellenza: abitare nel cuore dell’uomo, perché possa essere finalmente felice. Il credere infatti non si limita all’adesione intellettuale ad alcune verità, credere è una vita, la cui energia motrice è lo Spirito santo. Credere è legare la propria vita a quella di Dio, sempre più spesso, sempre meglio, fino a giungere ad un’unione con Lui quasi permanente. Credere è conoscere la strada per sperimentare la vita vera.
Lunedì 21 settembre 2020
S. MATTEO, APOSTOLO ED EVANGELISTA
9Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. 10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò,
«I farisei dicevano ai suoi discepoli: “Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”»
12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». 14Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 15E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. 16Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. 17Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».
(Matteo 9,11)
Mentre Matteo ascolta Gesù, lascia tutto all’istante e Lo segue, i farisei aprono sempre discussioni a non finire. Alle loro domande ottengono da Gesù risposte sapienti, convincenti. Eppure non cambiano perché a loro non interessa capire, interessa solo combattere contro di Lui. Non cercano la verità, cercano solo di vincere o almeno di mettere in crisi l’avversario. E se qualche volta si trovano senza argomenti, vedono questa solo come una sgradevole sconfitta da cui riprendersi al più presto. Se non ci si muove da questo atteggiamento, che talora è anche il nostro, si rimane ottusi e non ci si apre alla luce.
Martedì 22 settembre 2020
35Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. 36Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. 37Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». 38Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!».
«Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”»
40Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: 41«Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». 42E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». 43Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
(Luca 18,39)
Mentre Gesù entra a Gerico la gente è in festa. Sentire il grido, l’urlo di un povero disperato che chiede aiuto innervosisce, disturba la folla, che desidera godersi quel momento di gioia e di gloria in tutta pace. Ma l’urgenza, il bisogno estremo è più forte e abbatte le esigenze del senso comune.
Forse, per non turbare la vita ordinaria che è già complessa di suo, con i suoi ritmi e le sue regole, rischiamo anche noi di non dare troppo peso alla voce del povero, che ci obbligherebbe ad un cambio di comportamento, ad una conversione. Eppure quel giorno Gesù si fermò e il povero lo ascoltò e lo accontentò.
Mercoledì 23 settembre 2020
S. Pio da Pietrelcina, sacerdote
11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. 12Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare.
«Chiamati dieci dei suoi servi,
consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo:
“Fatele fruttare fino al mio ritorno”»
14Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. 15Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. 16Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. 17Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. 18Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. 19Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. 20Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; 21avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. 22Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: 23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. 24Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. 25Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. 26“Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. 27E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
(Luca 19,13)
Far fruttare i propri talenti richiede creatività. Non è sufficiente inserirsi nella storia degli uomini limitandosi ad obbedire, ad assecondare, ad entrare in qualcosa di già noto. Può moltiplicare davvero solo chi ha l’audacia di percorrere strade nuove. Ovviamente non si tratta di essere eccentrici o estrosi a tutti i costi, ma di ascoltare Dio e comprendere che le vie dell’amore vanno percorse con dedizione e coraggio, valorizzando anche il confronto e accettando i consigli, non dimenticando che ciò che nasce dalla comunione, da una vera condivisione, ha un futuro più grande. Perché da soli si va più in fretta, ma insieme si va più lontano.
Giovedì 24 settembre 2020
37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando
«Tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia,
cominciò a lodare Dio a gran voce
per tutti i prodigi che avevano veduto»
38dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!». 39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». 40Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».
(Luca 19,37)
Ci sono momenti nella vita in cui ci capita di tirare un bilancio su ciò che è stata la nostra esistenza, può essere un compleanno, un anniversario… Se si sa ben guardare ci si trova a contemplare tutti i miracoli che il Signore ha compiuto in noi ogni giorno. Lo si vede sempre all’opera anche e soprattutto nei momenti più difficili, quelli in cui magari ci sentivamo abbandonati. Allora è impossibile non essere pieni di gioia e lodare e ringraziare come fa la folla, anche se sappiamo che Gesù scenderà dal monte degli ulivi per salire poi il Calvario. Ma avremo la certezza di non essere mai da soli.
Venerdì 25 settembre 2020
S. Anàtalo e tutti i santi vescovi milanesi
«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica,
sarà simile a un uomo saggio,
che ha costruito la sua casa sulla roccia»
25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. 26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. 27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
(Matteo 7,24)
Più passa il tempo e più ci accorgiamo come sia difficile costruire la propria vita sulla Parola di Gesù e come sia più semplice affidarci al buon senso, alla logica e alla razionalità. A vent’anni è più facile essere radicali, portare avanti un sogno ed essere pronti a giocare il tutto per tutto per realizzarlo. Poi le difficoltà della vita e anche i successi ci modificano, ci fanno assumere un comportamento più pacato, più condiscendente, in qualche modo siamo pronti al compromesso. A qualunque età è tempo di svegliarci se vogliamo essere felici. Occorre chiederci ogni volta, di fronte a qualunque scelta non quale sia la più ragionevole, ma quale sia quella che il Signore ha pensato per me.
Sabato 26 settembre 2020
5Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: 6«Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». 7Gli disse: «Verrò e lo guarirò». 8Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. 9Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». 10Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! 11Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, 12mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». 13E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. 14Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre.
«Le toccò la mano e la febbre la lasciò;
poi ella si alzò e lo serviva»
(Matteo 8,15)
Ecco due guarigioni di seguito. Sappiamo che le guarigioni fatte da Gesù riguardano prima il cuore e poi il corpo. Perciò ognuno di noi sa di essere più volte stato guarito. Ma non si è veramente guariti se ciò che riceviamo lo teniamo per noi. Questa donna non aspetta un attimo, non chiede altre attenzioni, si mette immediatamente a disposizione e incomincia a servire il Signore.
Domenica 27 settembre 2020
V DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
34Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose:
«Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore,
con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.
Questo è il grande e primo comandamento»
39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
(Matteo 22,37-38)
Ecco il comandamento dell’amore. Ma come è possibile comandare di amare? L’amore è la cosa più libera che esista. Eppure da esso scaturisce tutto il nostro esistere, prova ne è che chi non si sente amato da nessuno è come se non esistesse. Ed il punto nodale è qui: per poter amare dobbiamo sentirci amati. Dobbiamo scoprire l’amore infinito che Dio ha per ognuno di noi. L’obiettivo dell’educazione religiosa deve essere questo: aiutare a vedere in noi l’amore del Signore. Tutto il resto verrà di conseguenza.
Lunedì 28 settembre 2020
Beato Luigi Monza, sacerdote
9Poi prese a dire al popolo questa parabola: «Un uomo piantò una vigna, la diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano per molto tempo. 10Al momento opportuno, mandò un servo dai contadini perché gli dessero la sua parte del raccolto della vigna. Ma i contadini lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 11Mandò un altro servo, ma essi bastonarono anche questo, lo insultarono e lo mandarono via a mani vuote. 12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono via.
«Disse allora il padrone della vigna:
“Che cosa devo fare?
Manderò mio figlio, l’amato, forse avranno rispetto per lui!”»
14Ma i contadini, appena lo videro, fecero tra loro questo ragionamento: “Costui è l’erede. Uccidiamolo e così l’eredità sarà nostra!”. 15Lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? 16Verrà, farà morire quei contadini e darà la vigna ad altri». Udito questo, dissero: «Non sia mai!». 17Allora egli fissò lo sguardo su di loro e disse: «Che cosa significa dunque questa parola della Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo? 18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e colui sul quale essa cadrà verrà stritolato». 19In quel momento gli scribi e i capi dei sacerdoti cercarono di mettergli le mani addosso, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito infatti che quella parabola l’aveva detta per loro.
(Luca 20,13)
L’immagine che Gesù dà del Padre è di Amore infinito. Tenta fino all’ultimo di salvare il suo popolo che è la vigna coltivata con tanta cura. È pronto a mettere in atto tutte le strategie possibili per attirare a sé chi si allontana ed è disposto a giocare il tutto per tutto per chi ama infinitamente. Noi, come i figli lontani, spesso non ci accorgiamo di tanto Amore, ci lamentiamo e vorremmo di più. Occorre fermarsi, abbandonarsi e scoprire che niente di più sarebbe possibile.
Martedì 29 settembre 2020
Ss. Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli
47Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». 48Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?».
«Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi”»
49Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». 50Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». 51Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
(Giovanni 1,48)
Gesù sta formando la prima comunità. Non fa proclami o inviti di massa, sceglie uno ad uno chi farà parte dei suoi. È sempre un invito personale, spesso sulla fiducia di altri che ci hanno preceduto. Ecco ciò che ci è chiesto: di essere come Filippo, che ha subito invitato Natanaele portandolo con sé a conoscere Gesù. Una volta incontrato il Signore occorre non tenere per noi questo dono, ma dobbiamo diffonderlo ovunque per vederlo moltiplicato.
Mercoledì 30 settembre 2020
S. Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa
27Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
«Dio non è dei morti, ma dei viventi;
perché tutti vivono per lui»
39Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». 40E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
(Luca 20,38)
Se pensiamo alla vita senza l’aldilà, siamo in una corsa in discesa verso un baratro, nulla in fondo ha veramente senso. Nel Signore tutto acquista di significato. Dal momento in cui nasciamo siamo inseriti in questa vita che non avrà mai fine. Siamo immersi in Dio che ci circonda come l’aria che respiriamo in un immenso abbraccio. È come quando i bambini per disegnare il cielo colorano tutto il foglio d’azzurro. Ecco il vero significato di “che sei nei cieli”: che sei intorno a noi, e senza di te non potremmo vivere.
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