Insieme nel cammino sinodale

Come illustrato nel numero scorso del Notiziario, inizia il cammino sinodale della Chiesa italiana e della nostra Diocesi, per mettere a fuoco alcuni nodi del cambiamento d’epoca in atto al fine di annunciare la gioia del Vangelo in modo adeguato all’oggi.

Una domanda mi sembra urgente: come coniugare unità e differenze, comunione e visioni diverse, sensibilità varie e percorsi differenziati all’interno della comunione ecclesiale?
Come far sì che ciascuno possa esprimere le proprie idee e il proprio punto di vista senza che ciò rompa la comunione tra noi e l’unità della Chiesa?

Nel periodo che stiamo vivendo (che tende a trasformare da un lato le diversità in divisioni, dall’altro l’identità in uniformità), forse questo cammino sinodale può apparire ad alcuni rischioso, come insegna l’esperienza della Chiesa tedesca, ad altri insufficiente, come alcune realtà ecclesiali hanno già contestato.

Certamente la sfida è ardua, però abbiamo un modello di riferimento: la Santissima Trinità.
Gesù non ci chiede di meno quando ci invita a pregare il Padre perché si realizzi il “come in Cielo così in terra“, naturalmente coscienti della dovuta sproporzione fra il modello e noi.
Questo richiede un amore sempre più capace di perdersi l’uno nell’altro, come il Padre si perde nel Figlio e il Figlio nel Padre, per poter sperimentare che “l’amore vince tutto“.

Nei nostri rapporti è facile incorrere in due errori: o rinunciare al proprio pensiero, oppure esprimerlo senza amore.

Occorre invece arrivare a dire tutto con la libertà di chi sa perdere ed esprimere le sue idee per costruire, e dunque, una volta donato il suo parere, è disposto a perderlo fino in fondo e a far suo il pensiero dell’altro anche se è diverso. E chi ascolta fa altrettanto. Partendo dalla reciprocità nell’ascolto, si può così arrivare all’unità.

E allora può succedere – e succede – che si sente dentro una sicurezza nuova che non è quella che avevamo prima, la speranza di trovare una soluzione, una nuova altra visione.
E se ognuno cerca di essere Gesù, si può arrivare ad avere addirittura insieme il suo pensiero e vivere così quel discernimento comunitario che non è compromesso, né accordo al ribasso, ma un pensiero più alto perché viene dallo Spirito Santo e quindi soddisfa tutti e tutti lo sentono proprio.

In questo modo il nostro essere Chiesa ne uscirà rinnovato e l’annuncio del Vangelo in questo cambiamento d’epoca troverà nuove strade per arrivare a tutti. E realizzeremo insieme il testamento di Gesù: “Padre, che tutti siano uno, come noi lo siamo”.
Perché il fine dell’evangelizzazione è l’unità.

In fondo tutto è una scusa per arrivare qui. E l’amore reciproco non è solo il contenuto della nostra fede, ma è anche il metodo (sinodale, appunto) del nostro camminare. L’importante è che non sia solo un mezzo per far andare meglio le cose: sarebbe uno strumentalizzare il vangelo e la comunione trinitaria ad interessi parziali e non evangelici.

Solo all’interno di queste premesse il cammino sinodale che abbiamo davanti potrà essere positivo e non porterà a dividere la Chiesa, come sta avvenendo per la realtà germanica.

Questa esperienza ha davanti a sé, quasi come sua spiegazione, sua icona, Maria, la Madre, Madre che genera, Madre che continua a realizzare – anche attraverso di noi – il suo straordinario disegno che è generare, con lo Spirito Santo, il Figlio di Dio a figlio dell’uomo e farlo rivivere nel mondo per trasformarlo in Regno di Dio.

A lei, a Maria, la gioia di vedere anche attraverso di noi la possibilità del suo perpetuarsi.
A noi la gratitudine di essere in qualche modo chiamati ad associarci a questo disegno.
E ancora a noi in lei e con lei il ripetere: “Eccomi“.

Don Paolo

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