La «nota verbale» della Santa Sede sul disegno di legge Zan è stata letta da tanta stampa laica come “indebita ingerenza, attacco, crociata, volontà di attentare alla laicità dello stato” e via dicendo.
In realtà una «nota verbale» è un invito a riflettere, una cosa usuale a livello diplomatico.
Basterebbe leggerla per accorgersi che il Vaticano non è entrato nel merito dei contenuti della legge (anche se, come già avevamo fatto notare su queste colonne, i limiti ideologici sono numerosi ed evidenti), ma si è limitato a chiedere di verificare che non vengano intaccati i principi della libertà di espressione della Chiesa, sanciti dalla Costituzione. Tutto qui.
Ha scritto Aurelio Molè su Città Nuova: “Per la nota Vaticana, dove nel ddl Zan si criminalizzano le condotte discriminatorie per motivi «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere» si inciderebbe anche sulle libertà previste dal Concordato Stato-Chiesa, il cui principio base era, sin dal 1929, “libera Chiesa, in libero Stato”.
La Chiesa vuole, insomma, la libertà di poter esprimere le proprie opinioni, la propria dottrina senza limiti o con il timore di incorrere in sanzioni, libertà che nasce, è il secondo punto del testo, anche dal seguire gli insegnamenti della Bibbia, della Tradizione e del magistero del Papa e dei Vescovi circa la «differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica ritiene derivata dalla stessa Rivelazione divina».
Libertà garantita proprio dalla Revisione del Concordato del 1984 dove nell’articolo 2, comma 1 si legge che «la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale, nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica».
All’articolo 2, comma 3 del Concordato si afferma ancora che «è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
La preoccupazione della Chiesa non è per l’approvazione della legge e la giusta protezione e assenza di discriminazioni che si vuole assicurare verso le persone con inclinazioni sessuali Lgbtq. La Chiesa esprime invece la necessità della libertà di educare, di formare, nelle parrocchie, nelle associazioni, nelle scuole secondo la sua dottrina. Non si può imporre ideologicamente una festa a tutte le scuole (anche cattoliche) per celebrare il concetto di gender: mai si potrebbe nelle scuole cattoliche divulgare, per esempio, la teoria del gender, chiaramente contraria agli insegnamenti del magistero.
Nel ddl Zan il confine tra discriminazione e libertà di pensiero, di convinzioni basate su una diversa concezione antropologica, è molto labile. Per cui si potrebbero sanzionare penalmente idee, parole, discorsi, lezioni, omelie anche se non fossero di odio, di violenza, di discriminazione.
Fino ad arrivare alla condanna di chi si dice convinto che l’umanità sia divisa tra uomini e donne”.
Come ha detto il Segretario di Stato Cardinal Parolin: “Non è stato in alcun modo chiesto di bloccare la legge. Siamo contro qualsiasi atteggiamento o gesto di intolleranza o di odio verso le persone a motivo del loro orientamento sessuale, come pure della loro appartenenza etnica o del loro credo. La nostra preoccupazione riguarda i problemi interpretativi che potrebbero derivare nel caso fosse adottato un testo con contenuti vaghi e incerti, che finirebbe per spostare al momento giudiziario la definizione di ciò che è reato e ciò che non lo è”.
Il ddl Zan, infatti, non si limita a difendere le vittime dai comportamenti discriminatori, ma introduce un reato di opinione che potrebbe costituire una violazione della libertà di pensiero ed espressione.
Si tratta di difendere questa libertà, che vuol dire libertà della scienza, della ricerca, dell’insegnamento, tutte libertà laiche garantite dalla Costituzione.
Come ha scritto la storica Lucetta Scaraffia: «La Chiesa ha messo il dito sulla piaga, ha indicato la reale consistenza del problema, appunto l’idea che questa legge si pone contro la libertà di pensiero. Del resto oggi è evidente la strisciante tendenza a considerare “cattivi” tutti coloro che non la pensano come i paladini del pensiero “libero” e i veri “progressisti”. Chi oggi è contro il pensiero dominante viene subito
etichettato come reazionario, ottuso e nemico di chi vuole concedere tutto a tutti. Invece libertà è anche accettare il confronto con gli altri».
Non è quindi in gioco la laicità dello stato, ma la libertà di pensiero e di educazione.
Dispiace che tanti, troppi, non vogliano rendersene conto.
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