Crimini inauditi e intollerabili

Siamo tutti costernati di fronte alla grande piaga degli abusi sessuali sui minori che vede coinvolta anche (ma non solo) la Chiesa e esponenti del clero.
I crimini commessi nella Chiesa Francese negli ultimi 70 anni, hanno lasciato tutti esterrefatti, soprattutto per la gran quantità di persone coinvolte sia come responsabili diretti, sia come conniventi di fatto (la gerarchia che non si è sufficientemente preoccupata di tutelare e garantire i minori per “non dare scandalo”, nascondendo quindi i colpevoli). Più di tutto ci resta il dolore e lo sconforto se pensiamo a tutti i bambini e le bambine vittime di tali crimini assurdi e allucinanti. Gesù è stato chiaro: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli (…), è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Mc 9,42).

Tutto ciò, però, non deve diventare motivo di rifiuto né della fede, né della Chiesa, anche se non è facile di fronte a questi scandali.
Bisogna distinguere i peccati degli uomini di Chiesa dal mistero della Chiesa quale corpo mistico di Cristo oggi, sacramento di salvezza per vivere il Vangelo.
Non bisogna generalizzare e colpevolizzare tutti i sacerdoti: a fronte di alcuni che commettono questi crimini (in Francia le proiezioni parlano di circa il 2%), ci sono tantissimi preti (e sono la stragrande maggioranza, più del 98%) che vivono bene e correttamente il loro ministero e la loro scelta celibataria per il Regno in modo gioioso, sano, corretto e libero.
Ma quali sono le cause di questo agghiacciante abominio e cosa fare adesso?

Papa Benedetto ha tentato di cogliere la radice culturale del fenomeno: la cultura del “tutto consentito”, del “vietato vietare”, l’assenza di una morale oggettiva in nome della assoluta libertà individualista emozionale ed istintiva.
Papa Francesco ha individuato la radice di questo male sia nel clericalismo (cioè del ministero sacerdotale vissuto come forma di potere), sia nell’assenza di fede, la “mondanità spirituale”, invitando ad una forte conversione spirituale prima che morale.
Molti ritengono che non si possa più parlare solo di “mele marce” all’interno della Chiesa. La quantità del fenomeno richiede non semplicemente un richiamo alla conversione personale (che comunque certamente ci vuole!), ma anche un cambiamento radicale di tipo “strutturale”.

Da più parti si insiste sulla necessità di riformare i Seminari, con una formazione inserita nel contesto comunitario, in dialogo con tutte le vocazioni, in ambiti parrocchiali con la guida fraterna e paterna di alcuni formatori, non solo preti, ma anche coniugi. In questa logica si supererebbe una impostazione “individualista” e sacrale del sacerdozio a favore di quella “spiritualità di comunione” di cui già parlava San Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte.

C’è poi chi propone di “sganciare” il sacerdozio dal celibato. Infatti, se è pur vero che non esiste correlazione tra celibato e pedofilia (la quasi totalità dei pedofili infatti sono coniugati!), è altrettanto vero, però, che alcuni consacrati rischiano di vivere la propria sessualità in modo frustrante non avendo “scelto” il celibato prima del sacerdozio, ma avendolo “subìto” per poter “fare il prete”. Forse la possibilità dell’ordinazione anche di uomini già sposati libererebbe da questa situazione: “fare” il prete non richiederebbe il celibato obbligatorio, ma questo diverrebbe esclusivamente una libera scelta totalitaria del cuore al di là del ministero. È la prassi già in atto nella chiesa cattolica di rito greco e di rito maronita.

Infine, e qui mi rifaccio direttamente alla mia personale esperienza, c’è chi sostiene che i sacerdoti non andrebbero più inviati da “solitari” nel ministero, ma bisognerebbe formare delle piccole comunità di vita fraterna in cui sperimentare uno stile e un clima di famiglia. Questo significherebbe vivere una spiritualità collettiva, in cui il valore non negoziabile di fondo è la reciprocità dell’amore, come il Vangelo ci insegna.
Sono solo alcune delle varie proposte oggetto del discernimento sinodale della Chiesa di questi anni, unitamente a una serie di norme molto rigide che tutte le comunità cristiane stanno adottando con precisi protocolli (cfr quanto anche la nostra Diocesi sta portando avanti per la tutela dei minori).

Comunque, anche queste modifiche strutturali non avrebbero il loro effetto se non si tornasse alla fedeltà evangelica e a una positiva e rinnovata scelta di fede che sola può far superare ogni forma di abuso e di potere.
Certamente, come Chiesa cattolica, viviamo un momento di dolore e di vergogna, come ha detto Papa Francesco, in cui espiare questi crimini (che ricadono anche su tutto il corpo della Chiesa) e risarcire per quanto è possibile le vittime.
In questo contesto a noi tutti è chiesto un sussulto di fedeltà a Dio, di amore più forte tra noi, di rinnovata corresponsabilità laicale, di unità più piena “affinchè il mondo creda”.

Don Paolo

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