Non possiamo custodire la scatola della famiglia che è relazioni, doveri, impegni… senza curarci che tutto è nato per una scintilla d’amore, per un eccesso che certo ha trovato corrispondenza nei nostri pensieri, desideri, sogni ma che ci ha superato eccedendo da ogni parte. Quel bagliore dovevamo custodirlo, era necessario farlo vivere per sempre e non abbandonarlo alle intemperie, alla provvisorietà, agli umori…
Ma col passare del tempo ci siamo accorti che quella scintilla che pensavamo ancora viva e affascinante dentro la custodia, quella che abbiamo chiamato scatola, quella scintilla non c’era più o almeno si era molto affievolita… Ricordo qui quelle belle e sferzanti parole di Apocalisse: Ma ho un rimprovero da farvi: non avete più l’amore dei primi tempi. Come siete cambiati! Ricordate come eravate da principio, tornate a essere come prima!
Tutto apparentemente funziona, ma non ci si osserva più, non ci si ascolta davvero, non ci si sorprende dell’altro e non lo si sorprende. Cosa abbiamo sbagliato? Ecco chiediamoci come uomini, donne credenti, qui e ora, dove abbiamo sbagliato? Cosa ci hanno consegnato i nostri padri? Regole, impegni, grandi strutture da far funzionare, da mantenere… Cosa ha mosso le loro menti, mani, piedi e cuori? Che cosa intendevano custodire?
Il vangelo del Signore Gesù ovunque viene annunciato trova grandissime corrispondenze nel cuore degli uomini, nella loro cultura, nelle loro tradizioni…
La tentazione credo sia quella di fare gli amiconi, di mostrare che siamo proprio come loro e che la fede cristiana altro non è che una proposta che valorizza ciò che già c’è, che conserva ciò che umanamente piace, senza ritrovare il cuore di quella scintilla d’amore… Il dramma è che col tempo ci abituiamo a non dire la Pasqua, a non scandalizzarci più, a non scandalizzare evangelicamente, a non dire che la luce di Cristo smaschera ogni notte e che solo in Lui c’è il senso e la speranza, il cuore e la ragione di ogni amore…
Allora, cosa fare? Distruggere la scatola dei riti e della morale per andare al cuore dell’esperienza cristiana? No, perché comunque, una volta ritrovato il cuore saremmo spinti a costruire una nuova scatola, a istituzionalizzare l’amore, a darci un linguaggio, delle regole, dei riti…
Ciò che va fatto, credo, è semplicemente abitare quei luoghi che ci regalano il sapore genuino dell’incontro con Dio:
- amore al prossimo, che non è chiunque soffre, ma il prossimo, colui che è vicino a me, familiare, parenti, condomini, colleghi… fratelli che condividono con noi la mensa del Signore…
- la sacra liturgia che è atto, azione e non solo e sempre pensiero: la Parola nella liturgia si vive, è Cristo stesso che nel dono dello Spirito si rende presente. Rivalutare la dimensione carnale, emotiva… che è fatta di parole e silenzi, suoni, odori, colori, immagini… segni e simboli. La salvezza è di tutto l’uomo.
- ascoltare i padri e le madri, perché l’esperienza della paternità e della maternità è esperienza di Dio, lì la corrispondenza e l’eccedenza si compenetrano, lì l’esperienza di Dio è reale, lì l’umano è divino, è rivelativo, epifanico.
Professor Mauro Mangiarotti
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