In balìa delle passioni?!

Sco*ate amici, sco*ate più che potete (se vi va). La vita è troppo breve per ascoltare il Vaticano!
Scusate la volgarità, ma così si è espresso uno dei più seguiti influencer italiani, commentando il testo del “Dicastero dei laici, la famiglia e la vita” dal titolo: “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese particolari”.

Non entro sul tema nello specifico (il testo contestato, con una bellissima prefazione di Papa Francesco è molto bello e lungo e meriterebbe ben altre osservazioni), ma prendo spunto dalla volgare espressione citata in apertura (ripresa da tutti i siti e diffusa con entusiasmo tra i giovani), per un approfondimento (anche alla luce del tema dell’oratorio feriale di quest’anno) sulle emozioni.

È un tema importante e interessante anche per le persone adulte. Quante volte anche anziani rimangono “vittime” delle loro emozioni e dei loro sentimenti affettivi!
Incontro persone di cinquant’anni che si innamorano come degli adolescenti, che perdono la testa e lasciano la famiglia dopo molti anni di matrimonio, semplicemente perché l’affetto per una persona ha loro sconvolto la vita. E quanto è difficile, quando uno si accorge di questa cosa, riuscire a dire: “Ok, adesso devo riprendere in mano me stesso e non posso rimanere soltanto in balia della mia affettività e delle mie passioni, ma devo vivere la fedeltà”.

Il dramma della cultura di oggi è ritenere che i comportamenti debbano dipendere solo dalle emozioni, per cui l’altro/a è usato come mezzo per il proprio appagamento, anziché come valore in sé, come un fine.
Non è vero che io sono “vero” solo se il mio comportamento corrisponde alle mie emozioni.
È vero invece che io sono chiamato a gestire le mie emozioni in base ai valori che ho, valori che vanno verificati e che non possono essere assolutizzati nella loro parzialità (ed è questo che manca nella cultura di oggi).

Per esempio: se vedo una persona che mi sta antipatica, ma ho dentro il valore fondamentale della carità, io la saluto, e facendo ciò non sono falso (nel caso, comportandomi in maniera opposta al sentimento dell’antipatia), ma ho compiuto un atto di virtù, perché rispondo alla mia emozione di antipatia con un gesto di amore.

L’obiezione potrebbe essere: “Ma io così sono un ipocrita”. No, l’ipocrisia è un’altra cosa, è quando tu dici che hai determinati valori, che vuoi vivere secondo quei valori, ma di nascosto ti comporti in un altro modo. L’ipocrisia è quando hai due morali, quando hai due vite.
Le emozioni ci sono, perché le abbiamo dentro, ma devono passare attraverso i valori (ad esempio il valore della fedeltà) per determinare un comportamento. Se saltiamo questo passaggio siamo determinati dall’indisciplina dei sentimenti.

La cosa sbagliata è quando non sappiamo gestire le emozioni a partire dai valori.
“Io non sono solo ciò che sento! E devo fare non ciò che sento, ma ciò che è vero”.

Purtroppo la cultura dominante ci fa credere che il comportamento debba essere determinato solo dalle emozioni. Ha fatto saltare i valori, ogni valore ha perso valore: “società liquida” l’ha definita Baumann.
Salvo poi scandalizzarsi quando questa mancanza determina comportamenti violenti, soprusi e depravazioni. Ma ha creato lei le premesse perché questi fatti accadessero, facendo saltare quei valori (li hai chiamati “tabù” da cui liberarsi), che portavano a dire dei no e dei sì motivati nei confronti della vita: la Legge della Parola, di cui ci ha parlato Massimo Recalcati.

Non si tratta di aumentare le pene per risolvere i problemi (come una certa mentalità ritiene), ma di rifondare un’educazione al dominio di sé e al rispetto dell’altro. Per esempio: la legge (pur giusta e necessaria) contro il femminicidio, non serve a niente se non si educa a gestire le voglie, le emozioni, in base a dei valori umani, prima che cristiani, condivisi.

È il nichilismo contemporaneo, per cui alcuni valori si sono assolutizzati facendone dimenticare altri: il valore del rispetto della diversità sta rischiando di annullare l’identità antropologica; il valore della libertà sta diventando libertinismo; il valore della laicità vuole annullare ogni identità religiosa; il valore della corporeità vuol ignorare la dimensione spirituale; il valore della tolleranza rischia di trasformarsi nella dittatura del relativismo; eccetera, eccetera.

Così, frasi come quella citata in apertura, che invita a seguire le proprie passioni e le proprie voglie senza alcun valore di riferimento (come potrebbe essere l’amore), finisce per giustificare e alimentare (magari senza volerlo esplicitamente) le depravazioni di questo tempo.

Purtroppo è a questi falsi profeti che i nostri adolescenti e giovani si abbeverano (anche in opposizione ad una certa morale cattolica del passato, eccessivamente rigida ed incapace di interpretare le emozioni in nome della norma oggettiva), mettendo in ridicolo, senza neppure leggerlo, un testo molto equilibrato e aperto come quello del citato Dicastero Vaticano.

Un testo che vale la pena di essere letto: per questo invitiamo alla lettura di una breve presentazione a cura del nostro don Carlo (che grazie al Covid ha potuto leggere e studiarne con calma le quasi 100 pagine).

don Paolo

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