L’equilibrio tra l’amore del pastore e la verità della fede

da Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI e Francesco

 “Sei mesi dopo l’elezione, (…) Papa Francesco mi consegnò la busta con una copia del quindicinale dei Gesuiti (contenente una sua intervista di Antonio Spadaro ndr), chiedendomi di riferire a Benedetto il suo desiderio che ci desse uno sguardo ed eventualmente proponesse anche qualche commento. Il Papa emerito prese molto sul serio la richiesta, lesse attentamente quella trentina di pagine e appuntò le proprie riflessioni. Quindi preparò una lettera, la cui stesura definitiva portò la data del successivo 27 settembre, quando la diedi personalmente a Papa Francesco. Nelle prime righe Benedetto spiegava subito la specificità delle proprie sottolineature:

«Santo Padre, vorrei dirle grazie di cuore per la trasmissione della sua lunga intervista pubblicata su “La Civiltà Cattolica”. Ho letto il testo con gioia e con vero guadagno spirituale e con un consenso completo.

Lei mi ha invitato anche a eventuali osservazioni critiche. In realtà sono d’accordo con tutto quanto lei ha detto, ma in due punti vorrei aggiungere un aspetto complementare.

Il primo punto concerne i problemi legati all’aborto (…).

Il secondo punto concerne il problema dell’omosessualità».

  1. Sul primo, Benedetto precisava: «Circa i tre problemi che lei dice a pagina 463 e seguenti, che lei non ha “parlato molto di queste cose”, che “bisogna parlarne in un contesto” e che “una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine… dobbiamo trovare un nuovo equilibrio…”, sono assolutamente d’accordo con questo e io stesso ho detto queste cose molte volte con parole simili. Anch’io, perciò, non ho parlato molto di questi temi nel mio pontificato.Tuttavia vorrei aggiungere un aspetto complementare. Avendo vissuto 23 anni accanto a Giovanni Paolo II, sono stato testimone del modo appassionato con il quale ha realizzato la lotta per la vita. Ho capito che il Papa beato ha visto nella lotta pro vita, insieme con la lotta per i diritti umani, un nucleo essenziale della sua missione.

    E ho anche capito che per Giovanni Paolo II questo non era un moralismo, ma era la lotta per la presenza di Dio nella vita umana. Giovanni Paolo II, così ho imparato, aveva compreso che l’aborto e le forme di procreazione artificiale, di manipolazione e di distruzione di vite umane, erano sostanzialmente un “no” al Creatore. L’uomo da solo si crea e si distrugge. In questo senso la grande lotta pro vita era la lotta per il Creatore.

    È vero che in diversi rami dei movimenti pro vita questa grande prospettiva non era sufficientemente presente e non mancavano unilateralità. Un riequilibrio è quindi necessario, Ma la lotta pubblica contro questa negazione concreta e pratica del Dio vivente rimane certamente una necessità».

  2. Riguardo invece al secondo punto, sottolineava: «Alla pagina 463 lei parla del problema difficile della pastorale per gli omosessuali. Anche qui sono totalmente d’accordo con quanto lei dice. Già nel Catechismo della Chiesa cattolica avevamo cercato di trovare, dopo lunghi dibattiti con correnti diverse, l’equilibrio tra il rispetto della persona, l’amore pastorale e la dottrina della fede. Ritrovo questo equilibrio nelle sue parole, ma anche qui vorrei aggiungere un aspetto che risulta dai problemi della propaganda pubblica su questo punto.La filosofia del gender che qui è in gioco ci insegna che è la singola persona stessa che si fa uomo o donna. L’essere uomo o donna non è più una realtà della natura che ci precede. L’uomo è un prodotto di se stesso. La filosofia di Sartre viene concretizzata in un modo in quel momento ancora non prevedibile. Si tratta di una radicale negazione del Creatore e di una manipolazione dell’essere nella quale solo l’uomo è padrone di se stesso.

    In questa propaganda non ci si interessa per niente del bene delle persone omosessuali, ma di una voluta manipolazione dell’essere e una radicale negazione del Creatore. Io so che molte persone omosessuali con queste manipolazioni non sono d’accordo e sentono che il problema della loro vita diventa un pretesto per una guerra ideologica. Perciò, la resistenza forte e pubblica contro questa pressione è necessaria. Dobbiamo realizzare questa resistenza senza perdere nella vita pastorale l’equilibrio tra amore del pastore e verità della fede»”.

 

(Tratto da: “Nient’altro che la Verità” di Monsignor Georg Ganswein)

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