Sinodo dei Vescovi: quale Chiesa?

Dal 4 al 26 ottobre a Roma si apre la prima sessione del Sinodo universale della Chiesa sulla sinodalità (cfr la tabella a pagina 3 di questo numero del Notiziario).

Viviamo uno strano tempo di Chiesa, in cui alla dimensione universale, unitaria, cattolica si è sostituita una logica settaria e di parte.
Capita sempre più di frequente sentir criticare il Papa, il Vescovo, la Chiesa in generale. Ma se un tempo queste critiche provenivano dall’esterno (da sempre la chiesa oltre che ad essere “una, santa cattolica e apostolica” è anche “perseguitata”!), oggi provengono sempre più frequentemente dall’interno della Chiesa stessa, dalle sue mura, da chi ancora ne frequenta i Sacramenti. L’appartenenza sembra essere sempre più ideologicamente preconcetta e settaria: “Accetto solo ciò che ritengo vero io. Vivo solo ciò che appartiene alla mia esperienza di gruppo”.

Così si finisce per selezionare temi, contenuti, incontri, esperienze ecclesiali.
E questo a tutti i livelli.
Dalle dinamiche interne della Comunità in cui ci si scomunica tranquillamente come eretici o tradizionalisti, intellettuali o formalisti, alle problematiche più ampie, in cui sembrano non esistere valori cristianamente non negoziabili da una parte o rigide barriere di appartenenza dall’altra.

Sembra tramontato (ma lo è davvero?) il tempo in cui l’unità si costruiva attorno alla Parola di Dio e alla Tradizione della Chiesa; il tempo in cui l’appartenenza alla fede si misurava in base alla frequentazione della Messa domenicale e al Battesimo dei figli; il tempo in cui si poteva criticare, ma con l’attenzione a non uscire dalla comunione ecclesiale.

In questo contesto ci sono tanti che ritengono che non abbia più senso l’appartenenza ad una Comunità ecclesiale formale e datata come la Parrocchia, ma si debbano seguire solo ed esclusivamente gruppi, associazioni, movimenti facenti riferimento alle più svariate forme, senza alcun criterio di verità o di autenticità.
Sembra cioè che l’appartenenza alla Chiesa cattolica si esaurisca in una generica adesione al Vangelo tradotto secondo i gusti e i pallini personali. Il parere del proprio leader (gruppo, o persona) vale più di quello del Papa e questi “mi piace” solo nella misura in cui ridice ciò che il proprio “partito” afferma.

Così accade che nella stessa Parrocchia gli incontri o le proposte “per tutti” vadano più deserti di quelli “per alcuni”.
Accade che se c’è una processione mariana ci vado se amo quella Madonna (con una serie di incredibili ed arbitrarie preferenze: quella di Fatima sì, quella di Lourdes no, quella di Siracusa sì, quella di Caravaggio no…), salvo poi, da parte di altri, ritenerle tutte inutili, insignificanti, segno di immaturità, eccetera.

Si dirà: è segno dei tempi che passano, bisogna farsene una ragione. Ma anche qui: cosa è “segno dei tempi” come volere di Dio e cosa invece è azione del “Principe di questo mondo”? Come operare un discernimento degli spiriti? E più radicalmente: chi è autorizzato a farlo se perfino il Papa viene declassato alla categoria del “mi piace non mi piace”?
Si dirà: l’unità non è uniformità, per cui ciascuno faccia e creda ciò che gli aggrada (tanto nell’epoca in cui ci si autodetermina persino l’identità corporea non si capisce perché l’identità spirituale dovrebbe fare un’eccezione), finendo col rendere evanescente la stessa dimensione di unità ecclesiale, trasformando la diversità in divisione.
Ma soprattutto come pensare una dimensione unitaria, sinodale (=cammino fatto insieme) della Chiesa universale, cioè cattolica?

In tutto questo bailamme però il “santo popolo di Dio” resta spesso sconcertato e non sa cosa fare e a chi credere.
Soprattutto ci si dimentica di ciò che Gesù stesso ha costituito, dell’esperienza comunitaria che ha creato attorno a sé, dell’azione dello Spirito che ha reso possibile a diversi di intendere un’unica lingua (anziché a simili parlare lingue diverse ed incomprensibili come a Babele).

Per tutto questo il Sinodo della Chiesa sulla sinodalità appare quanto mai urgente e profetico: riusciremo a comprendere ciò che lo Spirito suggerirà?
Coglieremo in cosa consiste un’unità nella diversità? Capiremo fino a che punto e a che condizioni differenza non coincide con divisione e comunione con uniformità?

Impareremo cosa significa vivere oggi quel “farsi uno” e quell’amore a tutti che il Signore ha chiesto “ante omnia”?
Per tutto questo dobbiamo pregare. E non limitarci ad essere informati di ciò che accade dalla stampa laica (che tanto male ha fatto in questi anni alla realtà ecclesiale), ma leggere ciò che i documenti ufficiali ci consegneranno, attraverso la stampa cattolica, in primis Avvenire.
Lo Spirito ci assista e ci guidi. Tutti. Insieme.

dp

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