«Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c’è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi».
Potremmo riassumere così, con questa frase di Madeleine Delbrêl, posta alla conclusione del Documento Finale della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il risultato del cammino sinodale. Ed è un risultato epocale e rivoluzionario, di un testo che impegna tutte le Chiese ad una direzione da prendere, in quella pluralità nell’unità che caratterizza fin dalle origini l’essere Chiesa di Cristo.
Ma cerchiamo di capire meglio e coglierne i punti fondamentali.
Ascolto
Il “Sinodo sulla sinodalità” è durato tre anni ed ha visto, in varie fasi, l’ascolto di tutte le comunità e le diocesi del mondo. Non solo: l’ascolto di tutta l’umanità nelle sue varie forme ed articolazioni, cercando di discernere ciò che proveniva dallo Spirito Santo e ciò che invece è solo moda e frutto dell’individualismo contemporaneo. Già questo è un fatto unico: nessuno ascolta gli altri: anche sui social (che dovrebbero teoricamente essere uno spazio libero di ascolto reciproco nel “villaggio globale” del mondo, si ascolta solo chi la pensa come sé e si attaccano quelli contrari sempre e comunque. I Vescovi (non dimentichiamolo: era il sinodo “dei Vescovi”!) hanno ascoltato e si sono confrontati “alla pari” con numerosi e qualificati laici. Non è cosa da poco!
Relazione
Ciò che è emerso è un metodo: quello della relazione. Alla base del cammino sinodale c’è una «conversione relazionale». «Il modo sinodale di vivere le relazioni è una testimonianza sociale che risponde al bisogno umano di essere accolti e sentirsi riconosciuti all’interno di una comunità concreta. È una sfida al crescente isolamento delle persone e all’individualismo culturale, che anche la Chiesa ha spesso assorbito, e ci richiama alla cura reciproca, all’interdipendenza e alla corresponsabilità per il bene comune». Proprio dalla mancanza di relazione si trova, infatti, l’origine dei «mali che affliggono il nostro mondo, a partire dalle guerre e dai conflitti armati, e dall’illusione che una pace giusta si possa ottenere con la forza delle armi. Altrettanto letale è la convinzione che tutto il creato, perfino le persone, possa essere sfruttato a piacimento per ricavarne profitto» (par. 54 ndr.). In altre parole: è la conversione della comunione per la missione, in cui la Chiesa è chiamata a fare suo ogni grido di dolore e di speranza dell’umanità intera.
Relazioni trinitarie
Al centro di questo percorso il Sinodo ha posto come elemento decisivo da cui partire la dinamica Trinitaria delle relazioni, che pone al centro Gesù in mezzo a due o più che si amano reciprocamente e cercano insieme non di far trionfare la propria idea, ma quello che lo Spirito vuole. E questo Spirito non è rinchiuso e riservato solo alla “gerarchia ecclesiastica”, ma parla in ogni luogo, “non sai da dove viene e dove va” come diceva Gesù a Nicodemo. Come Chiesa, camminando insieme, in una rinnovata corresponsabilità laicale, siamo chiamati ovunque a riconoscerlo. Siamo così chiamati ad essere tutti “discepoli missionari”.
Processi decisionali
Fermo restando che la Chiesa è una comunione gerarchica fedele a quanto voluto da Gesù stesso con la chiamata degli Apostoli di cui i Vescovi sono successori così come il Papa lo è di Pietro, dopo questo Sinodo le modalità con cui saranno prese le decisioni nella Comunità ecclesiale non saranno più lo stesse.
Si dovrà passare sempre attraverso la conversazione nello Spirito: le decisioni non dovranno più essere prese solo “dall’alto”, ma venire condivise in uno stile Trinitario con Gesù in mezzo e poi venire verificate e valutate insieme con trasparenza. In quest’ottica acquistano importanza gli strumenti di discernimento comunitario (ad esempio il Consiglio pastorale), vissuti in chiave sinodale. E non è cosa da poco per la Chiesa universale!
Dove soffia lo Spirito
Qualcuno ha scritto che il Sinodo non ha dato risposta ai problemi e alle domande sollevate (dai media e da alcuni partecipanti): per certi aspetti è forse vero, ma in realtà ha posto le premesse indispensabili per dare risposte nel futuro, superando quel clericalismo che tanto male ha fatto alla Chiesa. Emblematico quanto scritto nel Documento finale riguardo all’accesso delle donne al diaconato: «Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo». E sarà proprio questo ascolto sinodale, dentro dinamiche trinitarie di corresponsabilità, che permetterà di capire ciò che lo Spirito sta già dicendo alla sua Chiesa. Appunto: «ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c’è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi».
Certamente in questo Sinodo lo Spirito “ha soffiato” in maniera chiara e decisa. A noi ascoltarlo e seguirlo.
don Paolo
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